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Simona Molinari e la musica: «Il palco per me è tutto, mi fa sentire viva» – L’INTERVISTA

C’era una volta una bambina che amava la musica, e cantava, e cantava ancora, sognando i palchi dei teatri, sotto la stella luminosa di Ella Fitzgerald. Poi la bambina è diventata donna, e la fiaba è diventata realtà. Quella bambina si chiama Simona Molinari, ed è una delle voci più potenti e affermate della scena…
simona molinari

C’era una volta una bambina che amava la musica, e cantava, e cantava ancora, sognando i palchi dei teatri, sotto la stella luminosa di Ella Fitzgerald. Poi la bambina è diventata donna, e la fiaba è diventata realtà. Quella bambina si chiama Simona Molinari, ed è una delle voci più potenti e affermate della scena musicale italiana. La cantante sarà domani sera, alle 21, sul palco del Teatro Rossini di Gioia del Colle insieme all’Orchestra della Magna Grecia, nell’ambito della bella stagione organizzata dal comune, in collaborazione con Puglia Culture. Giovedì il bis, sul palco del Cinema Teatro Valentino di Castellaneta.

Come è arrivata a dire “voglio fare la cantante”?

«La musica è sempre stata una presenza nella mia vita. Quando avevo otto anni, gli insegnanti della mia classe a L’Aquila selezionarono alcuni bambini per una scuola di canto, e io fui scelta. Da lì è iniziato il mio percorso. La scuola era importante, il maestro molto bravo, e io presi il tutto molto sul serio. Dopo un anno di studio, ho capito che volevo fare la cantante. Inizialmente era pura curiosità ma col tempo il mio approccio è evoluto. Quando è arrivato il teatro, ho capito che attraverso la voce potevo raccontare qualcosa di più profondo. Cominciai anche a scrivere, e da quel momento la musica ha preso una nuova dimensione. Ho mescolato i generi che più mi appassionavano: pop, jazz, musica classica, creando qualcosa che fosse una fusione del mio mondo».

Quando ha iniziato, chi sono stati gli artisti che l’hanno influenzata?

«Fin da giovane ascoltavo moltissima musica straniera, ma tra gli italiani, uno dei miei punti di riferimento è stata Giorgia per la sua incredibile tecnica vocale. Si dice che sia la meraviglia a farci imparare le cose: ecco io volevo fare quello che faceva lei. Poi, quando ho cominciato a studiare, i miei insegnanti mi influenzarono in modi diversi. Gli anni ‘80 e ‘90 sono stati ricchi di grandi voci, c’erano Whitney Houston e Freddie Mercury a dominare la scena, cantanti che con la voce facevano quello che volevano».

Lei ha vinto due “Targhe Tenco” in carriera. Ci racconta dell’ultima che ha ricevuto per l’album “Hasta siempre Mercedes”?

«È stato un momento davvero speciale. Ho dedicato un tributo a una donna straordinaria, Mercedes Sosa. Ho approfondito la sua vita e la sua musica, che mi ha colpita nel profondo. Lei non solo ha cantato per il popolo, ma ha anche denunciato con la sua voce l’oppressione e le ingiustizie, soprattutto durante la dittatura in Argentina negli anni ‘80. Il disco che ho realizzato, “Hasta siempre Mercedes”, raccoglie alcuni dei suoi brani più significativi e altri della tradizione napoletana, mescolando la musica argentina alla mia interpretazione».

Si avvicina Sanremo. Qual è il suo rapporto con il Festival?

«Sanremo è senza dubbio la più grande vetrina per la musica inedita in Italia, è un palco fantastico. Ho partecipato a Sanremo Giovani nel 2009, nel 2013 sono stata in gara con i big, poi successivamente sono tornata come ospite. Ogni esperienza è stata diversa, la prima volta l’ho vissuta da incosciente. Pensavo che fosse un punto di arrivo, ero felice come una bambina solo per il fatto di essere lì. In realtà è stato solo l’inizio, il trampolino di lancio per un percorso più grande».

Ma le piace l’idea della competizione sulla quale si basa il Festival?

«Credo che la competizione in ambito artistico sia un’assurdità. Ogni artista è unico, sono contraria alla gara, altrimenti l’arte diventa industria. Purtroppo, il business musicale chiede questo, ma l’importante è restare fedeli a se stessi e al proprio stile. Non mi sono mai preoccupata di vincere, ma di poter esprimere quello che sono e che sento. Mi sono sempre vista come una privilegiata: difficilmente un jazzista ha accesso a un palco del genere».

La musica si sta evolvendo in un contesto di mode e tendenze. Si sente un outsider rispetto a questo?

«Mi sono sempre sentita un outsider, chissà se quello che piace a me andrà mai di moda. Il mio libro preferito da bambina si chiama “Una ragazza fuori moda” (ride ndr). Credo sia il mio karma. Ma questo non mi ha mai spaventata, sento la musica come un luogo tutto mio e mi piace».

C’è qualche collega con cui ha legato durante il Festival?

«Sicuramente Raphael Gualazzi, una delle persone che più stimo nel panorama musicale italiano. Poi Arisa: lei è un pezzo di cuore per me. Ricordo con particolare tenerezza l’annata del 2009: tutti noi lì, a sperare, con lo stesso sogno nel cassetto».

Si riesce a stringere vere amicizie in un contesto che rimane di competizione?

«Oggi credo sia più facile. Prima i discografici ti stavano più addosso, io mi sentivo chiusa in una bolla. Una situazione complicata».

Perché?

«Ho avuto una storia un po’ particolare dal punto di vista manageriale per i primi 10 anni della mia carriera. Non parlavo tanto con gli altri dell’ambiente, mi tenevano sotto controllo. Un giorno ci scriverò un libro (sorride ndr)».

Restando su Sanremo, Carlo Conti ha recentemente dichiarato “Alla commissione di Sanremo Giovani ho chiesto che, a parità di voti tra artisti uomini e donne, si cerchi di favorire le donne”. Che ne pensa?

«La trovo una cosa di una tristezza infinita (ride ndr). Uomini e donne dovrebbero avere le stesse opportunità. Ritengo che sia fondamentale che ci sia una competizione leale, dove a prevalere sia la qualità, non il genere».

Lei è una bellissima donna. Questo crede abbia rappresentato un aiuto o un ostacolo nella sua carriera?

«Nel mondo della televisione, sicuramente l’aspetto fisico può aiutare, ma a livello musicale, dove conta l’ascolto e l’emozione che trasmetti, può essere anche un ostacolo. Spesso una donna viene giudicata prima per l’aspetto che per il suo talento, e questo può influire sulla percezione del pubblico. È facile cadere nella trappola di voler apparire a tutti i costi, ma ciò che conta veramente è non compromettere la propria autenticità».

Musica: sul palco o in studio?

«Per me, il palco è tutto. È il momento in cui mi sento davvero viva. Lo studio è essenziale per creare, ma il palco è la realizzazione del mio lavoro. Non c’è niente di più emozionante che sentire l’energia di una sala, vibrare insieme alle persone che sono lì per ascoltare la mia musica».

Teatro o tv?

«Il teatro è la mia vera passione. La tv mi diverte, ma il teatro è dove mi sento me stessa. Credo di rendere 5 da sola e 15 quando c’è la gente (ride ndr). Mi sento un amplificatore delle emozioni che mi arrivano dal pubblico».

Un club con cento persone o una piazza con cinquemila?

«Il club, senza dubbio, ma se posso scegliere, preferisco un teatro con mille persone».

Cosi però sta barando.

«Sto scegliendo la via di mezzo (ride ndr)».

Una canzone d’amore o una canzone impegnata?

«Ad oggi, impegnata».

Con l’amore che rapporto ha?

«Di stabilità. Si scrive di quello di cui si ha fame, oggi mi sento sazia d’amore. Quello che mi manca e mi fa arrabbiare è tutto ciò che, guardando fuori, vorrei cambiare. Negli anni ho divagato tutte le sfumature dell’amore: dal tradimento, alla passione di una notte, fino all’innamoramento. Fino all’amore vero».

Quello pieno?

«Quello che resiste al tempo (sorride ndr)».

Il format del nuovo spettacolo?

«Racconterò un percorso attraverso i “tempi densi” della vita, quelli che vanno al di là della routine quotidiana. Il tempo che si vive davvero, quello che ci insegna, che ci fa crescere, che ci fa riflettere. Ma anche il tempo del disincanto, quello in cui non credi più a niente».

C’è qualcosa che la rende più felice del palco?

«Mia figlia. Vedere crescere una persona, fare progressi, imparare a parlare, è la cosa più bella che possa accadere».

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