L’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca ha fatto rumore, come era prevedibile. Nel grande giorno non ci si è fatti mancare nulla: il saluto romano di Elon Musk, la ventolata conquista di Marte da parte dell’America, i faldoni pronti alla firma per i primi provvedimenti riguardanti i migranti, la pena di morte federale, la riduzione dei militari in Europa del 20%, i dazi per una politica economica protezionista, la revoca degli accordi di Parigi sul clima e le politiche green, la cessazione del conflitto russo-ucraino o, in alternativa, sanzione a go go, la grazia per gli insurrezionisti di Capiton Hill e l’annessione della Groenlandia.
Ciò che è stato dichiarato e firmato dal 47esimo Presidente americano dà un chiaro segnale del nuovo volto dell’America post Biden.
Ai punti già citati si aggiunge la militarizzazione del confine con il Messico e la caccia agli immigrati irregolari in scuole, ospedali e chiese.
Come dire, tanta carne sul fuoco. Altre esternazioni hanno visto il neopresidente scagliarsi contro l’Europa che investe poco nel made in America e il possibile stato d’accusa per l’uscente presidente Joe Biden, un impeachement postumo.
Tra i diversi provvedimenti alcuni hanno avuto particolare risonanza, come la reintroduzione della pena di morte Federale che viene adottata nei casi di uccisione di un agente federale o per reati capitali commessi da uno straniero illegalmente presente nel paese.
Discutibile e non accolto con grande entusiasmo è stato il provvedimento riguardante la revoca degli accordi di Parigi del 2015 che hanno dato vita al Trattato che sanciva l’obiettivo di ridurre l’emissione di gas serra e la gestione dei cambiamenti climatici, mettendo in soffitta tutte le premure per un futuro più sostenibile e verde.
La questione dei migranti irregolari tiene particolarmente banco in quei provvedimenti che prevedono l’identificazione e l’espulsione di coloro che non sono regolari cittadini americani.
Pare delinearsi una politica aggressiva, isolazionista e protezionista dell’America che non si risparmia, per voce del suo Presidente, di adottare una tassazione del 15% alle imprese disposte ad investire nella grande mela.
Ma in tutto questo ci si chiede che fine abbia fatto l’Europa. Quest’ultima in nome del processo di democratizzazione del mondo ha deciso di intervenire in modo massiccio in difesa dell’Ucraina, dando man forte alla controffensiva di Kiev con missili, carri armati e jet oltre a tutti gli armamenti necessari ma non ha considerato l’ipotesi di restare completamente da sola a far fronte all’avanzata della Russia in quella che, molti commentatori, hanno definito una riconquista dei territori della vecchia Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
In fondo, anche altri grandi stati stanno reclamando la revisione dei propri confini geopolitici, non da ultima la stessa America con la Groenlandia, il Canada e lo stretto di Panama. In estremo oriente, invece, la Cina continua a minacciare la presa di Taiwan. Uno scenario internazionale complesso che nei prossimi mesi si schiarirà in funzione delle prossime mosse assunte dai vari attori.
Ciò che fa rimanere perplessi, nonostante le rassicurazioni della Von der Leyen è proprio la statica e, in parte, poco compatta presenza europea in tutto questo spettacolo di riposizionamento che potrebbe concludersi con un accordo tra i tre colossi mondiali, America, Russia e Cina senza tener conto del resto del mondo.
Bentornato,
Registratiaccedi al tuo account
Tutte le news di Puglia e Basilicata a portata di click!