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Torna il nucleare ma il Mezzogiorno sia un grande hub di fonti rinnovabili

Tra le decisioni assunte dal neo eletto presidente USA Donald Trump vi è la fuoriuscita del Stati Uniti dagli Accordi di Parigi ed il ritorno allo sfruttamento delle risorse fossili.

È, senza dubbio, un enorme passo indietro rispetto a quella transizione energetica verso le rinnovabili che negli anni passati ha caratterizzato le politiche energetiche delle maggiori economie mondiali, fra tutte l’Europa.

Oggi il passo indietro di Trump fa il paio, in Italia, con una nuova ostilità (mai completamente sopita) nei confronti di quella che viene definita “ideologia verde” che dovrebbe modificare l’economia del Vecchio Continente.

Non c’è talk show, non c’è tribuna politica in cui le scelte verso la transizione verde non vengano additate come le principali responsabili della recessione economica in Europa.

Si pensi ad esempio al settore automotive dove si colpevolizzano le auto elettriche e la giusta decisione di sospendere entro il 2035 la produzione di motori diesel e benzina di essere la principale causa dei problemi del settore. Non invece un sostanziale immobilismo industriale che negli anni non ha saputo pensare con una certa lungimiranza a quello che poteva essere il mercato dell’auto e che poi in effetti è stato e sarà.

Come se non bastasse, si torna a parlare di nucleare.

Non sono bastati due referendum per capire che i cittadini di questa “nazione”, usando uno slang in voga ultimamente, non vogliono sui loro territori impianti di produzione di energia nucleare.

In queste ultime settimane vari consigli comunali stanno ribadendo la loro indisponibilità ad essere depositi di scorie nucleari, figurarsi proporre loro di ospitare una centrale nucleare.

Che fare?

La risposta sta nel vento e nel sole. Nelle fonti di energia rinnovabili che in Italia hanno avuto fino ad ora uno sviluppo ordinato e costante: eolico, fotovoltaico, agrivoltaico eccetera.

La Puglia e particolarmente la provincia di Foggia sono stati esempi, a volte esagerati, di territori votati alla transizione green con impianti eolici e fotovoltaici già a partire dagli anni novanta.

Il ritorno al fossile ed al nucleare significherebbe dire ai cittadini di quei territori che faticosamente e non senza difficoltà hanno accettato impianti eolici e fotovoltaici, a volte sacrificando il proprio paesaggio, che è stato tempo perso.

Le giuste rimostranze verso uno sviluppismo selvaggio delle rinnovabili, penso ai Monti Dauni e non solo, soprattutto negli anni passati tuttavia non può e non deve giustificare il cambio di rotta che si vuole imprimere alla transizione energetica con il prepotente ritorno al fossile.

Si è sentito parlare spesso del Mezzogiorno come hub del gas in Italia per la sua naturale propensione verso i paesi nordafricani da cui la risorsa viene importata.

Ebbene, il Mezzogiorno deve continuare ad essere l’hub delle rinnovabili e di questo i territori devono esserne le sentinelle, pur nel rispetto dei paesaggi e della biodiversità.

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