A una settimana dal rinvio a giudizio per Daniela Santanchè, da Gedda, prima di salire a bordo della nave scuola Amerigo Vespucci, la premier Giorgia Meloni rompe il silenzio e dice la sua su quello che sarà, o dovrebbe essere, il futuro prossimo della ministra del Turismo. Per prima cosa Meloni sgombra il campo dalle troppe ricostruzioni lette: «Non c’è nessun braccio di ferro, non c’è preoccupazione, non c’è un imbarazzo che addirittura mi porterebbe a non presentarmi in Cdm, a spostare la data della mia visita in Arabia saudita per non incontrare il ministro Santanchè. C’è una riflessione che deve tenere conto del quadro generale, in un clima assolutamente sereno. Io non credo che un semplice rinvio a giudizio sia esso stesso motivo di dimissione. Penso anche che il ministro Santanchè stia lavorando ottimamente», esordisce.
Le idee confuse
La vicenda, però, non è chiusa ed è la stessa leader di FdI ad ammettere che una riflessione è in corso e che lei per prima non ha «le idee chiare» sul da farsi. «La valutazione che va fatta», spiega è quanto il rinvio a giudizio, il processo e tutto quello che ne seguirà «possa impattare sul lavoro di ministro» di Santanchè. «È questa la valutazione che va fatta con il ministro Santanchè e che anzi forse deve fare soprattutto lei ed è quello su cui io attualmente non ho le idee chiare» è la sottolineatura di Meloni che dice di voler incontrare la titolare del Turismo nei prossimi giorni e di non averlo fatto perché «non era una priorità rispetto alle cose delle quali mi sto occupando». «Sicuramente parlerò con Daniela», dice allora, prima di passare ad altro, non dimenticando, però, di replicare a suo modo al “can-can” delle opposizioni: «Essere garantisti con la sinistra e giustizialisti con la destra anche no – attacca – Io ho Giuseppe Conte che mi dice che devo far dimettere un ministro che non è mai stato condannato quando ha un vicepresidente del partito condannato in via definitiva, ho Elly Schlein che invoca le dimissioni di Santanchè ma non chiede quelle del vicepresidente della provincia di Salerno agli arresti domiciliari per corruzione. Ecco, diciamo che le lezioni da questi pulpiti anche no…», taglia corto. Meloni utilizza l’incontro con i giornalisti a Gedda anche per rispondere sul caso Almasri. Da giorni le opposizioni chiedono la sua presenza in Parlamento per spiegare la sua scarcerazione e il ritorno a casa, su volo di Stato, del generale libico accusato di crimini di guerra e contro l’umanità. «Non parliamo di un trafficante di uomini», dice chiaro fin da subito, ribadendo che la sua liberazione «non è stata una scelta del Governo» ma una disposizione della Corte di Appello di Roma.