«Il dissalatore è una risorsa alla quale dobbiamo attingere garantendo il minor impatto ambientale possibile». Lo ha affermato la direttrice generale dell’Acquedotto pugliese (Aqp), Francesca Portincasa, a margine dell’incontro “A tutela del Tara e delle comunità. Benefici e utilità del dissalatore” organizzato per fare il punto sulla struttura che sorgerà in provincia di Taranto.
Il dissalatore sul Tara, ha annunciato Portincasa, «è solo il primo, perché strategicamente abbiamo valutato che avrebbe avuto minore impatto ambientale e avrebbe rilasciato salamoia con una salinità al sette per mille, di gran lunga inferiore rispetto a quella del mare».
Portincasa ha spiegato che, nel prossimo futuro, ci sono altri due impianti in programma: «Il primo sarà a Brindisi – ha detto – verrà localizzato all’interno della centrale di Cerano e sarà quasi interamente alimentato da fotovoltaico o da cascami energetici della centrale Enel. Si sta poi studiando la localizzazione di un impianto a Manfredonia, con la città di Margherita di Savoia che si è autocandidata a ospitarne ancora uno, perché la dissalazione è una realtà in tanti Paesi del mondo».
Il fiume Tara, ha assicurato la direttrice generale dell’Aqp, «continuerà a scorrere. Fra gli anni Ottanta e il Duemila il prelievo dal Tara, tra ex Ilva e agricoltura, ha raggiunto i 3.500 litri al secondo. Con il dissalatore sarà tutto misurato e controllato. Il massimo prelievo consentito sarà di 2.100 litri al secondo cumulato: 1.100 per il potabile, il resto per agricoltura e Ilva. In più – ha aggiunto Portincasa – metteremo a posto la ciclovia del Tara che sarà più fruibile, mentre i due punti di discesa saranno sistemati per permettere alle persone di andarsi a bagnare nel fiume».
Risanamento delle reti: «Dal 2009 recuperati cento milioni di metri cubi»
Portincasa si è poi soffermata sulla strategia di Acquedotto pugliese spiegando che «sul recupero delle perdite abbiamo cominciato a lavorare concretamente dal 2009. Fino a oggi abbiamo recuperato cento milioni di metri cubi», ha affermato. «Un invaso pugliese – ha aggiunto – contiene 40 milioni di metri cubi, quindi abbiamo recuperato più di due invasi. Ed è acqua che rimane a disposizione dell’agricoltura o di altri usi».
Portincasa ha chiarito che nel piano strategico di Acquedotto pugliese «un miliardo e 700 milioni di euro è destinato, fra il 2022 e il 2026, al risanamento delle reti e al recupero delle perdite. Dopo il 2026 continueremo su questa strada per tantissimi anni. Abbiamo più di 34mila chilometri di rete, dei quali oltre 5mila di grande adduzione, le perdite sono fisiologiche ma vanno ridotte quanto più è possibile».
Portincasa ha evidenziato che «negli ultimi anni abbiamo recuperato il cinque per cento di perdite. L’altra strategia però è il riuso, solo nell’area del Tarantino sono 15 gli impianti, dei quali alcuni già pronti a dare acqua all’agricoltura, perché un altro impegno comune è tutelare la falda pugliese».