«Almasri è stato subito espulso dal nostro Paese perché era un soggetto pericoloso». Dopo la polemica politica del generale libico ricercato dalla Corte dell’Aia per crimini di guerra, prima arrestato e poi rilasciato dalle autorità italiane, è il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, a fornire al question time al Senato una prima risposta: una volta scarcerato su disposizione della Corte d’Appello, Almasri è stato «rimpatriato a Tripoli, per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione, vista la pericolosità del soggetto» e per il fatto che dal momento del rilascio «era a piede libero in Italia».
La versione di Piantedosi
Si è trattato della «misura più appropriata, anche per la durata del divieto di reingresso», ha spiegato il titolare del Viminale, che la settimana prossima riferirà nuovamente in Parlamento, fornendo un approfondimento su tutti i passaggi della vicenda, «compresa la tempistica riguardante la richiesta, l’emissione e l’esecuzione del mandato di cattura internazionale, che – ha detto – è poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico».
La polemica con il Pd
Intanto non si placa la polemica politica con il Pd che ha chiesto che sia la premier Meloni a dover riferire alle Camere. «Siamo di fronte a scelte fatte dal governo con il coinvolgimento di altri pezzi dello Stato – ha attaccato il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia – Si tratta di una decisione politica del governo italiano che ha riportato un criminale in Libia con un aereo di Stato. Questa decisione è stata presa a Palazzo Chigi. Giorgia Meloni non può nascondersi dietro i suoi ministri e deve venire in Parlamento a spiegare cosa è avvenuto».
La Corte dell’Aja sabato scorso, con una maggioranza di due giudici a uno, ha spiccato un mandato d’arresto sul generale libico per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella prigione di Mittiga, vicino a Tripoli, dal febbraio 2011: il provvedimento scatta dodici giorni dopo l’inizio del viaggio di Almasri in giro per l’Europa.