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Eni Versalis, i sindacati: «La chiusura è un disastro, 20mila lavoratori a rischio»

La Cgil e la Filctem Cgil hanno lanciato un allarme forte e chiaro contro la decisione di Eni Versalis di chiudere gli ultimi due impianti di cracking in Italia. Una scelta che, secondo i sindacati, non solo mette a rischio migliaia di posti di lavoro ma rappresenta anche una grave minaccia per l'industria nazionale e…
eni versalis brindisi

La Cgil e la Filctem Cgil hanno lanciato un allarme forte e chiaro contro la decisione di Eni Versalis di chiudere gli ultimi due impianti di cracking in Italia. Una scelta che, secondo i sindacati, non solo mette a rischio migliaia di posti di lavoro ma rappresenta anche una grave minaccia per l’industria nazionale e l’ambiente.

Transizione a senso unico?

«Non è una transizione verso una produzione sostenibile, ma una dismissione che determinerà un aumento complessivo delle emissioni di CO2″, ha tuonato Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil. L’accusa è pesante: secondo i sindacati, la decisione di Eni Versalis di uscire dal mercato della chimica di base condurrà l’Italia a una maggiore dipendenza dalle importazioni, con un conseguente aumento delle emissioni legate alla produzione e al trasporto dei prodotti chimici.

La chiusura degli impianti di Brindisi, Priolo e Ragusa avrà ripercussioni pesanti sull’economia locale e nazionale. Oltre 20mila posti di lavoro sono a rischio, sia diretti che indiretti, e l’indotto industriale ne risentirà profondamente. «Senza tenere conto che l’Europa ha deciso di tassare i prodotti importati da extra UE sulla base dell’impronta carbonica generata, producendo un aumento del loro costo che verrà scaricato sull’insieme delle imprese italiane», ha sottolineato Falcinelli.

La mobilitazione continua

La Cgil e la Filctem Cgil non intendono arrendersi e hanno annunciato una serie di iniziative per contrastare questa decisione. Sono previsti incontri con le istituzioni locali e i parlamentari eletti nei territori interessati, per sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere un intervento deciso da parte del governo. «Scelte di indirizzi di politica industriale che riguardano il Paese, come questa, non possono dipendere dalle decisioni dettate dagli interessi degli azionisti di un’azienda come Eni», hanno affermato Pino Gesmundo e Marco Falcinelli.

Le critiche dalla politica

«La chiusura anticipata dell’impianto di craking di Eni Versalis Brindisi – prosegue su questa linea il deputato del Partito Democratico Claudio Stefanazzi – accelera la scelta, pare irreversibile, di Eni di uscire dalla chimica di base. La scelta è incomprensibile e anticiclica. In un periodo storico in cui l’Europa sta provando ad accorciare le filiere di approvvigionamento e di dipendenza da fornitori esterni al mercato, Eni consegna l’Italia ad una dipendenza duratura verso i mercati asiatici.

La chimica di base è fondamentale per quasi tutta l’industria manifatturiera italiana. Praticamente quasi tutti i settori di largo consumo utilizzano materie prime derivanti da processi chimici che Versalis ha sempre, fino ad ora, garantito al sistema industriale italiano.

È necessario che il Governo dica se questa è una scelta condivisa sotto il profilo di programmazione industriale, ovvero una esigenza di brevissimo respiro. Il dubbio è che le drammatiche esigenze di cassa spingono la Meloni ad assecondare misure finanziarie, come la produzione di utili più alti e la messa sul mercato, che riguardano le grandi partecipate di Stato.

Una scelta miope che mette in discussione, tra diretto ed indotto, circa 20 mila posti di lavoro, tra Puglia, Sicilia, Lombardia, Veneto, Sardegna. Il disastro di questo governo nelle politiche industriali è senza precedenti».

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