Hanno proclamato lo stato di agitazione le strutture, i centri in convezione con il sistema sanitario della Puglia. Al centro della vertenza c’è il nuovo nomeclatore che taglia le tariffe a moltissimi esami diagnostici, ma anche a visite specialistiche (per fare un esempio per una consulenza ginecologica o di un altro specialista la tariffa è di 25 euro). La questione è di respiro nazionale, ma ci sono regioni che hanno compensato le ridotte tariffe con altri finanziamenti. Non è così per la Puglia. Da qui l’agitazione. La locandina che si vede affissa all’esterno di ogni laboratorio o struttura convenzionata con il sistema sanitario (dunque non privata) parla chiaro: «ci sono esami che non potremo fare, perché se altrove le regioni hanno compensato in Puglia no».
I disagi
Che cosa sta accadendo? Un vero e proprio caos, intanto ci sono alcune prestazioni sottocosto che non vengono più accettate, come quelle degli esami oncologici. Per i centri convenzionati non c’è storia, lo dice la locandina: «il piano è inapplicabile e avrà conseguenze gravissime perché peggiorerà le liste di attesa e comporterà il pagamento da parte dei pazienti di moltissime prestazioni per accedere ad un servizio di qualità», perché? Facile perché i centri convenzionati alcuni esami non vorranno farli più, se pagati sottocosto, senza neanche riescono ad avere il rimborso dei kit.
I codici per le impegnative
Il nuovo nomeclatore inoltre amplia i Lea, in apparenza una bellissima notizia, solo che ad oggi per chi si appresta a fare la fecondazione medico assistita (che è contemplata per esempio nelle nuove direttive) neanche si sa quali codici fare per gli esami.
Il ricorso
Moltissime associazioni sanitarie e centri in convenzione hanno inoltre presentato ricorso al Tar contro il decreto ministeriale, si saprà se verrà accolto il prossimo 28 gennaio. Per ora aumentano le liste di attesa.