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Dal Demodè al Bahia, i rampolli dei clan baresi armati nei locali pubblici

Le pistole in bella vista, come linguaggio di supremazia, così come le bottiglie di Dom Perignon, le ragazze più belle, i selfie e le story in diretta sui social, i privé e la cocaina. È la new generation dei clan baresi, quella che ostenta la violenza per dimostrare il calibro criminale, criticato dagli “anziani”, ma…
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Le pistole in bella vista, come linguaggio di supremazia, così come le bottiglie di Dom Perignon, le ragazze più belle, i selfie e le story in diretta sui social, i privé e la cocaina. È la new generation dei clan baresi, quella che ostenta la violenza per dimostrare il calibro criminale, criticato dagli “anziani”, ma che uccide. Eugenio Palermiti junior, 20enne nipote dell’omonimo clan, e Savino Parisi, in arte “Onivas”, 28enne nipote del boss Savinuccio, sono da ieri in carcere per detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa.

La scia di sangue

Le indagini, coordinate dal pm antimafia Federico Perrone Capano e condotte dai carabinieri di Molfetta, sono nate dall’omicidio della 19enne Antonella Lopez, uccisa al posto di Eugenio Palermiti da Michele Lavopa, il 22 settembre, nella discoteca “Bahia” di Molfetta. Basandosi sulle intercettazioni, buona parte della quali registrate nella stanza di ospedale dove erano ricoverati Eugenio Palermiti e il suo amico Gianmarco Ceglie (entrambi feriti quella notte), ma anche sulle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia (Gianfranco Catalano, Domenico De Palo e Michelangelo Maselli), hanno dipinto uno scenario nel quale tutti i giovani dei clan vanno armati nei locali pubblici. In un episodio, addirittura, avrebbero minacciato il rapper Capo Plaza, con una pistola, perché si era rifiutato di farsi una selfie. Dalle indagini sull’omicidio Lopez è emerso che anche Palermiti era armato: dopo la sparatoria si sarebbe disfatto dell’arma. Ma ne aveva altre due.

Il potere di intimidazione

«Questo tipo di comportamento – sottolinea il procuratore aggiunto Francesco Giannella – determina un rafforzamento del potere di intimidazione, un assoggettamento, non solo degli altri avventori, ma della popolazione tutta proprio per la capacità diffusiva che hanno i social. Andare armati serve a dimostrare apertamente chi comanda, chi è più forte, un’abitudine che si sta normalizzando, come l’uso della droga e della violenza, in un atteggiamento di sottovalutazione».

I buttafuori

E questo avviene contando su buttafuori amici, pronti a farli uscire dall’uscita posteriore (come nel 2024 al Divinae Folliae) in caso di controlli, o solerti nel far nascondere le pistole nelle borse delle mogli, nel garantire l’entrata senza pagare o ignorando i metal detector. Nonostante gli scontri tra rampolli nei locali, da parte dei gestori non è mai arrivata nessuna denuncia. Giannella e il comandante provinciale dei carabinieri, Gianluca Trombetti hanno sollecitato «tutti a una riflessione, e i gestori dei locali a servirsi di società serie e affidabili per i servizi di sicurezza, perché questi fenomeni vanno inquadrati in una serie di evoluzioni della società che stanno sfuggendo di mano».

La “scia di piombo”

La scia di piombo inizia il 14 novembre 2021: Giovanni Gualberti uccide al “Demodé” Michele Lanzisera. Tra il 4 e 5 novembre 2023 lite tra Capriati e Strisciuglio al “Trappeto”. Il 16 novembre, al “Cromie”. Il 21 gennaio 2024, sparatoria a San Girolamo, dopo una lite al Demodé. Il 5 febbraio un 28enne degli Strisciuglio entra armato al “Vinarius”. Il 10 febbraio 2024, in una rissa tra Strisciuglio e giovani di Cerignola, a Trani viene ferita una ragazza. Il 29 marzo nel “Demetra” lite tra uno Strisciuglio e il 19enne figlio di Lello Capriati. Due giorni dopo, quest’ultimo viene ucciso. Il 16 aprile a Japigia, sparatoria tra Strisciuglio e Capriati. Il 27 aprile arrestati in tre, tra cui Eugenio Palermiti, mentre tornano dal “Toma la luna”. Il 22 settembre muore Antonella Lopez.

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