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Produttività in calo, ecco il segnale che non va ignorato

L’Italia ha registrato nel 2023 una preoccupante flessione di tutti gli indicatori di produttività, come attestato dall’Istat. La produttività del lavoro ha subito una riduzione significativa del 2,5%, una tendenza negativa diffusa in quasi tutti i settori economici. Questo dato rappresenta un’inversione di rotta rispetto alla lenta ma costante crescita media dello 0,5% registrata tra il 2014 e il 2023.

Il calo desta interrogativi ancora più pressanti in considerazione dei grandi investimenti strutturali effettuati grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L’investimento in infrastrutture, infatti, di solito comporta un aumento dalle produttività. Il rapporto dell’Istat evidenzia che il calo della produttività del lavoro è particolarmente marcato nei settori del commercio, trasporti, alberghi e pubblici esercizi, che contribuiscono negativamente per 0,9 punti percentuali.

Anche l’industria in senso stretto e le attività finanziarie e assicurative registrano flessioni significative, rispettivamente dello 0,7% e dello 0,6%. Tuttavia, alcuni settori economici, come le costruzioni (+0,3%) e l’agricoltura (+0,1%), mostrano timidi segnali positivi. Questi risultati rivelano una dinamica preoccupante: l’incremento delle ore lavorate non è stato accompagnato da un proporzionale aumento del valore aggiunto, indicando un deterioramento della qualità e dell’efficienza del lavoro.

Parallelamente, la produttività del capitale è diminuita dello 0,9%, nonostante un leggero aumento del valore aggiunto (+0,2%). Questo calo è legato all’incremento dell’input di capitale (+1,1%) e a una riduzione dell’intensità di capitale rispetto alle ore lavorate. L’apparente inefficienza degli investimenti solleva dubbi sulla capacità di tradurre i fondi del Pnrr in miglioramenti tangibili nella produttività. Il contesto economico attuale è aggravato dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti petroliferi, che rischiano di innescare nuove fiammate inflazionistiche. In questo scenario, gli aumenti salariali necessari per compensare il caro vita rischiano di tradursi in un ulteriore incremento dei costi per le imprese, senza un reale miglioramento delle condizioni economiche complessive. Questa dinamica colpisce particolarmente i lavoratori marginali, caratterizzati da un basso potere contrattuale, che vedono il loro potere d’acquisto erodersi, anche a causa del fiscal drag.

Per fortuna l’Istat segnala anche un aumento del reddito disponibile dello 0,6% rispetto al trimestre precedente, accompagnato da una crescita dei consumi dell’1,6%. Tuttavia, la propensione al risparmio è scesa al 9,2%, con una diminuzione di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Sebbene il potere d’acquisto delle famiglie sia aumentato per il settimo trimestre consecutivo, il ritmo di crescita si è ridotto, evidenziando fragilità economiche sottostanti.

Questi dati assumono una particolare rilevanza per il Sud Italia, dove la produttività del lavoro è già storicamente inferiore rispetto al resto del Paese. Gli investimenti del Pnrr avrebbero dovuto colmare parte di questo divario, ma la mancanza di progressi tangibili nella produttività solleva dubbi sull’efficacia delle politiche messe in atto. La combinazione di bassa produttività, alta inflazione e salari stagnanti rischia di aggravare le disuguaglianze territoriali, penalizzando ulteriormente le aree già svantaggiate. Di fronte a questa situazione, è fondamentale che le istituzioni, le parti sociali e il mondo produttivo adottino misure urgenti e coordinate. Investire in innovazione, formazione del capitale umano e digitalizzazione è essenziale per migliorare la produttività. Inoltre, occorre monitorare attentamente l’utilizzo dei fondi del Pnrr, assicurandosi che generino un reale impatto economico e sociale. Il calo della produttività non è solo un dato statistico, ma un campanello d’allarme per il futuro economico del Paese. Ignorarlo significherebbe compromettere non solo la competitività dell’Italia, ma anche il benessere delle sue famiglie.

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