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Ex Ilva: dopo le offerte, i sindacati chiedono un tavolo a Palazzo Chigi

Ora che ci sono le offerte i sindacati chiedono di essere convocati a Palazzo Chigi per discuterne con governo e commissari. «Dalla presentazione delle offerte non emergono rilevanti novità rispetto ai mesi scorsi. Vogliamo conoscere al più previsto i dettagli dei piani ambientali, occupazionali e industriali per giudicarne la credibilità e sostenibilità», dice Rocco Palombella,…
sindacalisti ex ilva

Ora che ci sono le offerte i sindacati chiedono di essere convocati a Palazzo Chigi per discuterne con governo e commissari. «Dalla presentazione delle offerte non emergono rilevanti novità rispetto ai mesi scorsi. Vogliamo conoscere al più previsto i dettagli dei piani ambientali, occupazionali e industriali per giudicarne la credibilità e sostenibilità», dice Rocco Palombella, segretario generale Uilm. Il leader sindacale sottolinea con delusione «che gli imprenditori italiani hanno presentato le offerte solo per singoli stabilimenti e noi rimaniamo fortemente contrari allo spezzatino perché porterebbe alla chiusura dei siti». Per Palmobella «il percorso che porterà alla vendita definitiva durerà ancora mesi ma nel frattempo la situazione resta drammatica con quasi tremila lavoratori in cassa integrazione, produzione al minimo storico, impianti fermi e l’appalto in forte difficoltà con il ritardo dei pagamenti e degli stipendi dei lavoratori». «Per noi – conclude Palombella – gli obiettivi fondamentali sono la tutela ambientale, la piena salvaguardia occupazionale, diretta, indiretta e dei 1.600 lavoratori ex in Ilva As rimasti al palo, la produzione di acciaio ecosostenibile e di qualità, la presenza e il controllo dello Stato nella società».

Basta comunicati

Fiom-Cgil trova «assolutamente inopportune le comunicazioni a mezzo stampa e chiede garanzie sulla presenza in equity dello Stato, mantenimento dell’occupazione, investimenti necessari all’utilizzo degli impianti e alla transizione ecologica per la tutela della sicurezza e della salute ambientale».

Il controllo dello Stato

Anche Fim Cisl, con segretario generale Valerio D’Alò spinge su regole certe e monitoraggio dello Stato, condizioni necessarie per uscire dall’impasse. «Questa volta serve un quadro normativo certo e duraturo», dice D’Alò. «Rispetto al passato, l’azienda va governata con regole certe, perché gli investimenti che verranno proposti nel piano industriale di chi arriva, possano vedere una continuità nella loro realizzazione. Ci vorrà una sorveglianza forte da parte dello Stato, perché non sono investimenti che prevedono poche risorse e soprattutto non prevedono pochi anni. E soprattutto – aggiunge – devono rispondere alle necessità ambientali di usare le migliori tecnologie possibili per la produzione d’acciaio, ma senza trascurare l’aspetto occupazionale. Sappiamo che cicli produttivi diversi possono prevedere numeri diversi e su questo, ovviamente, il sindacato non sarà d’accordo. Un occhio particolare, inoltre, dovrà essere tenuto alla tenuta di tutto quanto il gruppo e non solo ad alcune sue parti, ma anche ai lavoratori in amministrazione straordinaria a cui bisognerà dare una risposta».

Per D’Alò, infine, nuove tecnologie e nuovi investimenti e nuovi impianti sicuramente potrebbero dare questo sbocco. «L’importante è che il piano abbia delle basi solide e uno Stato – conclude – che controlli la sua realizzazione».

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