L’allarme era stato lanciato qualche mese fa, ma è figlio di una situazione che si trascina da diversi anni, tanto che le prime avvisaglie su carenza di personale e organizzazione dei servizi, erano arrivate prima della pandemia. L’ospedale San Giovanni di Dio di Melfi torna ad occupare le cronache sindacali e le preoccupazioni dei cittadini che vedono, di giorno in giorno, e in modo particolare in prossimità di particolari situazioni – ieri l’estate, adesso le festività natalizie – che fanno segnare picchi di accessi ai reparti in modo significativo al pronto soccorso.
La situazione
L’ospedale di Melfi continua a subire ridimensionamenti delle proprie attività, con il Pronto Soccorso che deve fare fronte a numeri importanti di accessi, anche 70 al giorno, ma con carenze di personale e servizi non più garantiti come un tempo. Come succede per la cardiologia che non è attiva nelle ore notturne, con non pochi disagi per i cittadini e, sempre più spesso, viaggi in ambulanza – non sempre con medico a bordo – verso il san Carlo di Potenza.
Il 18 ottobre scorso la questione era stata al centro di un incontro nell’aula consiliare di Melfi, presenti i vertici dell’Aor san Carlo che avevano, non convincendo molti dei partecipanti, assicurato la piena sostenibilità dell’ospedale civico, tanto da suscitare la reazione di Peppino Brescia, ex parlamentare e già sindaco di Melfi, «il depotenziamento è in atto da tempo, con il declassamento della cardiologia (oggi con 4 medici a fronte degli otto di qualche tempo fa, ndr), della radiologia, del laboratorio analisi, trasformati da unità complesse con primario autonomo a unità semplici con primario a Potenza. Il depauperamento si è avuto con la chiusura del reparto di otorinolaringoiatria e, addirittura, non esistono più nemmeno le visite ambulatoriali», ma l’ex parlamentare non aveva dimenticato le difficoltà del reparto di ortopedia che «si è retta fino ad ora con soli due medici».
La richiesta
Dal territorio parte un’altra richiesta di investimenti sulla struttura di Melfi per evitare l’inesorabile declassamento di un ospedale che serve anche territori limitrofi, come l’Irpinia e la Capitanata. «Serve invertire la rotta» affermano i sindacati che aggiungono «la Regione pare privilegiare altre scelte però come gli interventi previsti per Villa d’Agri, tra le strutture all’avanguardia della Basilicata, Lagonegro e Pescopagano, mentre a Melfi continuano a mancare tante cose, a cominciare dalle strumentazioni più basilari».