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La “moglie del boss” sul palco dell’evento di Natale a Taranto: «Gli indignati ci elogiavano»

Avevano chiesto di replicare ma non gli è stato concesso perché ritenuto «non opportuno». Michele Cicala e sua moglie Kristel D’Ursi, finiti al centro della bufera per la presenza sul palco della “moglie del boss” durante un evento natalizio patrocinato dal Comune di Taranto, chiedono di avere voce su una questione che li ha travolti…

Avevano chiesto di replicare ma non gli è stato concesso perché ritenuto «non opportuno». Michele Cicala e sua moglie Kristel D’Ursi, finiti al centro della bufera per la presenza sul palco della “moglie del boss” durante un evento natalizio patrocinato dal Comune di Taranto, chiedono di avere voce su una questione che li ha travolti senza diritto di replica.

La replica

«Non c’è nessun boss e soprattutto non esiste nessun clan Cicala. Lo ha stabilito la Suprema Corte, facendo cadere il vincolo associativo mafioso e soprattutto non ho mai riportato una condanna per mafia». A dirlo è proprio Michele Cicala, difeso dagli avvocati Andrea e Salvatore Maggio, imputato nel processo sulla truffa degli idrocarburi per il quale però come detto, il riesame prima e la Cassazione dopo, ha escluso l’associazione mafiosa.

Sua moglie Kristel, 35 anni, è invece imputata con l’accusa di riciclaggio aggravato: «L’unica vera colpa di mia moglie è avere scelto me come marito».

La polemica

È stata la proprio la presenza di Kristel D’Ursi sul palco a “fare notizia”, costringendo poi l’amministrazione comunale a stigmatizzare l’accaduto dichiarando di non essere a conoscenza di chi, la società affidataria dell’evento avesse coinvolto per collaborare.

«L’amministrazione sapeva benissimo che io ero lì – ha detto la D’Ursi – qualcuno poteva non conoscere il mio volto, ma sulle nostre magliette c’era scritto “Primus” (il nome della società ndr) a caratteri cubitali e tutti sanno che Primus è Michele Cicala. Gli stessi che hanno preso le distanze indignandosi, sono quelli che si sono venuti a complimentare con noi per il food e per il modo in cui, col sorriso, abbiamo gestito una fila di oltre 3mila persone. Io non ho guadagnato un centesimo, ho fatto tutto per beneficenza e in soccorso alla richiesta di un amico perché chi doveva fare le pettole aveva dato buca».

La donna si dice delusa e ferita da quanto accaduto e che minimamente immaginava: «Non volevo nemmeno salirci sul palco, ero sporca di zucchero. Ero contenta per essere riuscita a soddisfare tutti con le pettole, 25 chili di pettole fatte a mano e fritte dal “boss” – ironizza – avrei dovuto partecipare a tutti e sei gli appuntamenti, poi mi è stato detto che il contratto non prevedeva la somministrazione di alimenti. Lì ho iniziato a pensare che qualcosa fosse accaduto, ma non volevo dare seguito a quel mio stesso pregiudizio».

La frustrazione

Kristel e suo marito si dicono stanchi delle continue discriminazioni nei loro confronti. «Io in passato ho sbagliato – dice Michele Cicala – ho espiato la mia pena e da quando sono uscito dal carcere ho preso le distanze dalle logiche criminali che condividevo un tempo. Rinnego il mio passato e quello che sono stato. Oggi sono un’altra persona, anzi mi dedico affinché i ragazzi non scelgano la cattiva strada». La famiglia Cicala sta valutando con i propri legali eventuali azioni per tutelarsi e soprattutto «per continuare a vivere, senza dover ogni volta dire ai miei figli, al ritorno da scuola che papà ha sì sbagliato, ma non è un mafioso».

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