Francesco è a casa che riposa, troppe emozioni, troppi flashback, ancora troppo recenti. Suo padre Nicola Rubini, anche lui tassista, è tornato al lavoro regolarmente per il turno pomeridiano serale: «Ci tornerà presto anche mio figlio, appena si rimette – assicura lui – Ha fatto tanti sacrifici per avere quella licenza, non lo fermerà un incidente».
Signor Rubini, un drammatico incidente.
«Poteva succedere a chiunque, purtroppo, è quella la cosa più brutta. Abbiamo le mani legate se sfortunatamente ci capita questa gente, che si presenta come innocua, parlando in italiano, senza dare segnali di quello che può fare».
A lei era mai successo?
«Guido i taxi dal 2004, e una cosa simile no, non era mai accaduta. Una sola volta avevo caricato un uomo ubriaco (quello l’ho scoperto dopo) che alle 8 di mattina voleva andare a prostitute. Gli ho detto che non era possibile, ha iniziato a inveire, a urlare. Eravamo vicino al Petruzzelli, ho visto una pattuglia e ho chiesto aiuto».
Francesco non ha potuto.
«Lui non è stato scaltro, perché quelle corse al volo non si prendono mai, a meno che non siano in aeroporto».
Perché?
«Perché non hanno numeri di riferimento, sono illustri sconosciuti. Diverso è se prenotano su app o tramite la centrale operativa, le prenotazioni sono tracciate e si può risalire alla persona. Lui non avrebbe dovuto prenderli a bordo. Ma, ripeto, poteva succedere a chiunque».
Tanta violenza gratuita per cosa?
«Per 300 euro, che Francesco gli voleva dare, ma è stato preso dal panico. In quel marsupio che aveva sotto il giubbotto c’erano solo 300 euro, e allora mi chiedo: una vita vale 300 euro?».
È andata fortunatamente a finire bene.
«Le urla di Francesco hanno attirato la gente, anche se erano in una stradina abbastanza deserta e buia. La fortuna è stata che passava di lì un nostro collega, che è intervenuto e li ha fatti scappare. So che qualcun altro li ha anche inseguiti, ma si sono probabilmente nascosti nel vicino Silos del Policlinico. L’arma l’hanno gettata subito in un’aiuola, dove poi l’hanno trovata i poliziotti».
Facciamo un passo indietro. Come mai se li è ritrovati in auto?
«Aveva fatto una corsa dalla stazione al Residence Moderno, vicino al Policlinico. Lì ha perso tempo a compilare una ricevuta che gli aveva chiesto una cliente. È stato allora che la coppia è entrata in auto, chiedendo di andare al quartiere Libertà. E poi tutto quello che è accaduto».
L’importanza di avere una telecamera a bordo.
«Quasi tutti ormai ce l’abbiamo, io sono stato uno dei primi, proprio per ragioni di sicurezza. Le dirò di più: Francesco ne ha due, una davanti e una posteriore, con maggiori funzioni. È stata utile certo, almeno così mi hanno detto, perché io quel video non ho voluto vederlo».
Come mai?
«Perché mi resterebbe impresso per sempre, me lo ricorderei per tutto il resto della mia vita. In ogni caso, se avessero avuto più tempo sono sicuro che avrebbero anche staccato quella telecamera».
Come sta Francesco?
«Non benissimo, no. Quando glielo chiedo, prova a scherzare: “Papà, sto come uno che ha preso 20 coltellate e ha 120 punti di sutura”. I medici hanno detto che il fatto che sia un po’ in sovrappeso, lo ha salvato, il giubbotto poi ha attutito alcune coltellate».
Tornerà sul taxi?
«Certo che tornerà, è la sua vita, è cresciuto con me e io gli ho insegnato il mestiere. Anche se, come tutti i giovani, fa un po’ di testa sua. Io gli dico di non restare in servizio oltre le 22, le 23, ma lui non mi ascolta, non segue i miei consigli. Purtroppo poi gli errori si pagano con la propria pelle».