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Dal premio per la legalità all’interdittiva antimafia: le mani della criminalità sulla sanità privata

Le mani della criminalità sulla sanità privata. Interdittiva antimafia dal prefettura di Foggia nei confronti della cooperativa sociale “San Giovanni di Dio”, di Manfredonia, tra le società più note, in Puglia, nella gestione di servizi socio-sanitari-educativi. La Prefettura ha disposto l’interdittiva ritenendo alto il rischio di una possibile infiltrazione nell’azienda da parte della criminalità organizzata…
La Prefettura di Foggia

Le mani della criminalità sulla sanità privata. Interdittiva antimafia dal prefettura di Foggia nei confronti della cooperativa sociale “San Giovanni di Dio”, di Manfredonia, tra le società più note, in Puglia, nella gestione di servizi socio-sanitari-educativi.

La Prefettura ha disposto l’interdittiva ritenendo alto il rischio di una possibile infiltrazione nell’azienda da parte della criminalità organizzata del territorio che potrebbe condizionarne le strategie operative e il funzionamento. Il provvedimento ha proprio lo scopo di prevenire questa infiltrazione attraverso le conseguenze pratiche sul funzionamento dell’impresa colpita, cui viene impedito di stipulare contratti con la Pubblica Amministrazione o di ricevere erogazioni pubbliche, per assicurare la tutela della leale concorrenza e impedire che le organizzazioni mafiose usino l’impresa stessa per operare nel mercato legale. Potrebbe anche partire cuna complessa procedura di amministrazione giudiziaria diretta proprio ad eliminare qualsiasi ingerenza della malavita. La Cooperativa sociale ha sede legale a Foggia e sedi operative a San Severo, Bari, Adelfia, Monte Sant’Angelo, San Giovanni Rotondo, Troia, Oria, Manfredonia e Putignano. In questi centri, gestisce importanti strutture sanitarie.

Le motivazioni

Sulla decisione di emettere l’interdittiva potrebbe aver inciso il legame di affinità che esiste tra Raffaele De Nittis, direttore generale della “San Giovanni di Dio”, e Michele D’Alba, imprenditore manfredoniano, suo suocero. La cooperativa di pulizie “Tre Fiammelle”, che fa capo a D’Alba, è stata colpita a sua volta da un’altra interdittiva antimafia emessa dalla prefettura, così come la “Lavit SpA”, azienda di Lorenzo, figlio di D’Alba.

Un provvedimento che suscita clamore, sia per il delicato settore in cui opera la struttura (attività di prevenzione, educazione, riabilitazione e cura alla persona, sia a domicilio che presso asili nido, strutture diurne, residenziali nonché in strutture protette pubbliche e private che eroghino prestazioni sanitarie), sia per il pubblico impegno che la Cooperativa ha sempre dichiarato a favore della legalità.

Il riconoscimento

Sotto questo profilo, la “San Giovanni di Dio” aveva ottenuto un importante riconoscimento pubblico: nel 2017 le era stato attribuito il “Rating della legalità”, una certificazione rilasciata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato a imprese che rispettino “elevati standard di legalità”. Il Rating, che è previsto per una durata di due anni, era stato anche rinnovato due anni dopo, toccando le “tre stelle”, il massimo del punteggio previsto.

L’11 novembre del 2023, la società aveva anche partecipato alla manifestazione antimafia “LiberiAmo Manfredonia”, una mobilitazione pubblica indetta dal coordinamento Provinciale di Libera e dalla diocesi di Manfredonia, per dire insieme un fermo “no” alle mafie e a ogni forma di violenza e sopraffazione.

Gli sviluppi

Intanto, dal Palazzo del Governo di corso Garibaldi, il prefetto Maurizio Valiante, prima di lasciare la sede foggiana per pendere possesso di quella anconetana, ha avviato il procedimento anche nei confronti dell’azienda edile di Gianni Rotice, già sindaco di Manfredonia e presidente di Confindustria e anche lui attuale patron della squadra di calcio del Manfredonia.

Una carica che a questo punto pare non portare particolarmente bene a chi la detiene. Era successo con Angelo Riccardi, sindaco dell’amministrazione poi sciolta per infiltrazioni mafiose, è toccato a De Nittis e potrebbe ora riguardare anche l’ingegnere Rotice che rischia, insieme al fratello Michele, il processo nell’ambito dell’inchiesta “Giù le mani” relativa a una presunta corruzione elettorale perché avrebbe cercato l’appoggio di Michele Romito, esponente dell’omonimo clan criminale.

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