(Adnkronos) – Dybala all’Inter, ma con la formula ‘più giochi, più guadagni’. Frattesi alla Roma Forse, ma serve uno sconto sfruttando una vecchia clausola sul 30% della rivendita. Il Milan campione d’Italia, per ora, è fermo. Quando mancano i soldi, serve la fantasia. Almeno quando si parla di calciomercato. Ma anche la fantasia, con gli accordi più contorti che giocano su parametri zero e ingaggi da spalmare, prestiti e riscatti, fa fatica in una Serie A rimasta a secco di risorse.
La crisi economica del calcio viene da lontano e affonda le sue radici nella gestione allegra degli anni d’oro, che ha lasciato scorie difficili da smaltire. Poi la pandemia Covid ha fatto il resto. Sono mancati gli incassi dello stadio e il prodotto calcio, nel suo complesso, ha scontato le restrizioni che hanno colpito quasi tutti i comparti industriali.
Il calcio e la Serie A hanno però diversi problemi supplementari. Dalla soddisfazione dei tifosi, che sono l’azionista principale del sistema, al rapporto sempre più complicato tra società, intermediari e procuratori, e ovviamente i calciatori. Da una parte la ricerca del consenso, che porta ricavi tramite abbonamenti, presenze allo stadio, e tutto l’indotto che ruota intorno, ha bisogno di acquisti eccellenti al calciomercato. Dall’altra parte, un’organizzazione complessa che è abituata a vivere sopra le proprie possibilità, è in grande sofferenza perché i costi aumentano e i ricavi calano.
Una delle voci più controverse è quella legata alle intermediazioni nelle compravendite dei giocatori, con i procuratori che hanno continuato ad arricchirsi ai danni delle società. Un buco nero è anche quello dei diritti tv. Gli introiti di una volta, quelli della corsa al rialzo dovuta alla concorrenza Sky-Mediaset-Rai, non esistono più. Per non parlare poi del capitolo stadi. Quelli di proprietà, unica formula in grado di mettere al sicuro le società da un punto di vista patrimoniale, in serie A sono 4: Allianz Stadium (Juventus), Mapei Stadium (Sassuolo), Gewiss Arena (Atalanta), Dacia Arena (Udinese). Basta guardare ai tre principali campionati europei per capire quale sia il ritardo accumulato. In Bundesliga sono 16 su 18, in Premier League 17 su 20, nella Liga 11 su 20.
In questo scenario, il calciomercato si fa cercando di trovare soluzioni estemporanee. Sarebbe necessario fare piani industriali sostenibili, rivedere la struttura dei costi e lavorare per cercare nuove fonti di ricavi. In attesa di farlo si vive di espedienti, come le plusvalenze gonfiate o addirittura fittizie. Ma l’attenzione delle Procure che indagano suggerisce una maggiore cautela rispetto al passato. Quando le alchimie contabili non bastano, o non si possono più fare con la stessa disinvoltura di prima, restano solo due strade percorribili: immettere denaro nuovo nelle società, e quindi ricapitalizzare, o continuare a indebitarsi.
Intanto, in attesa di trovare soluzioni, gli affari sono pochi. Quelli che prevedono il pagamento reale di un calciatore pochissimi. E anche grandi giocatori a parametro zero, e quindi solo in cerca di un ingaggio, rischiano di rimanere senza squadra: da Mertens a Bernardeschi, in Italia, da Suarez a Isco, all’estero.
(di Fabio Insenga)