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Mafia e droga tra le province di Matera e Bari, chiusa l’inchiesta: 48 persone indagate

Gli agenti della polizia di Stato di Matera hanno notificato l'avviso di conclusione delle indagini a 48 persone, già coinvolte nell'operazione Heraclea, dando esecuzione a un provvedimento emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza. L'operazione, ad aprile scorso, portò all'esecuzione di 14 arresti in carcere e dieci obblighi di dimora e di presentazione alla polizia…

Gli agenti della polizia di Stato di Matera hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini a 48 persone, già coinvolte nell’operazione Heraclea, dando esecuzione a un provvedimento emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza.

L’operazione, ad aprile scorso, portò all’esecuzione di 14 arresti in carcere e dieci obblighi di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di 24 persone residenti tra Policoro e la provincia di Bari.

Le indagini portarono alla luce un gruppo criminale di stampo mafioso attivo a Policoro e facente capo alla famiglia Mitidieri, collegato al clan Scarcia di Policoro, al clan D’Elia di Montescaglioso che si stava ricostituendo e al clan Martorano-Stefanutti di Potenza, oltre che alle cosche della ‘ndrangheta calabrese e ai sodalizi mafiosi pugliesi.

Nel corso delle indagini è emerso che il gruppo che faceva capo ai Mitidieri sarebbe stato attivo nel traffico e spaccio di sostanze stupefacenti: ingenti le quantità di cocaina, eroina e hashish venivano acquistate per poi essere rivendute nelle piazze di spaccio di Policoro con un “portafoglio” di circa 100 clienti. Il gruppo, inoltre, avrebbe provveduto anche alla coltivazione, trasformazione e commercio di marijuana.

Nel corso delle indagini sarebbe stata documentata, infine, l’esistenza di rapporti di forza e di contrasti tra la famiglia Mitidieri e altri gruppi criminali, quali il clan Schettino di Scanzano Jonico e la famiglia Gialdino di Policoro, che si concretizzava in numerosi “reati fine”, quali estorsioni, danneggiamenti, aggressioni, con l’obiettivo di far percepire sul territorio la forza intimidatrice del clan, la cui compattezza era riscontrata anche nel sostegno agli affiliati in carcere, attraverso il pagamento delle spese legali.

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