È iniziato dalla mezzanotte di oggi, 20 novembre, lo sciopero nazionale di medici ed infermieri. Anche se sono garantite le prestazioni d’urgenza, sono 1,2 milioni quelle sanitarie che potrebbero saltare. Si protesta contro la Legge di Bilancio 2025, ‘deludente’ secondo chi opera nella sanità ed è sceso in piazza: medici, dirigenti sanitari, infermieri e altre professioni sanitarie. A rischio sono tutti i servizi di assistenza, esami radiografici (50mila), 15mila interventi chirurgici programmati e 100mila visite specialistiche.
Il testo della Legge di Bilancio per il 2025, «conferma la riduzione del finanziamento per la sanità rispetto a quanto annunciato» e la manovra prevede un aumento dell’indennità di specificità medica sanitaria di 17 euro netti per i medici e 14 euro netti per i dirigenti sanitari per il 2025, 115 euro nel 2026 per i Medici e zero per i dirigenti sanitari, mentre nelle tasche degli infermieri arriverebbero per il 2025 circa 7 euro e per il 2026 circa 80 euro.
Altri motivi della protesta toccano inoltre i contratti di lavoro, compresi quelli dell’ospedalità privata, a cui «vengono assegnate risorse assolutamente insufficienti». Mancata detassazione di una parte della retribuzione e mancata attuazione della normativa sulla depenalizzazione dell’atto medico e sanitario.
In piazza anche per protestare contro l’assenza di risorse per l’immediata assunzione di personale e la mancata introduzione di norme che impegnino i ministeri competenti all’immediata attivazione di Presidi di Pubblica Sicurezza negli ospedali italiani al fine di renderli luoghi sicuri per il personale che vi opera.
Sciopero nazionale, adesioni fino all’85%. I sindacati Anaao, Cimo e Nursing Up: «Condizioni inaccettabili in ospedali»
Sulla base delle informazioni che iniziano ad arrivare dai territori, le percentuali di adesione allo sciopero in corso oggi di medici, dirigenti sanitari, infermieri e professionisti sanitari «sono molto alte, fino a punte dell’85% compresi gli esoneri previsti per legge». Così Pierino Di Silverio, segretario Anaao Assomed, Guido Quici, presidente Cimo-Fesmed, e Antonio De Palma, presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up. «Un segnale importante – scrivono in una nota – che dovrebbe far riflettere sulle condizioni di lavoro inaccettabili negli ospedali e sulla condivisione delle ragioni della protesta».
Medici e infermieri alla premier Giorgia Meloni: «Poche risorse, serve un rilancio»
«Risorse insufficienti, cittadini “arrabbiati”, sanitari sempre più spesso aggrediti e insoddisfatti, condizioni di lavoro inaccettabili». Lo scrivono i sindacati in una lettera inviata a Giorgia Meloni nella quale si chiede un incontro urgente sui temi che hanno portato alla protesta.
«La nostra – spiegano – non è una protesta nata in modo estemporaneo ma affonda le radici negli anni passati, caratterizzati – sia a destra che a sinistra – da una visione politica della sanità pubblica estremamente miope che, di fatto, non tutela la salute dei cittadini. Abbiamo anche indetto una giornata di sciopero di 24 ore appena venuti a conoscenza della bozza della legge di Bilancio, perché con essa si sancisce l’ennesimo dietrofront su impegni assunti dal Ministro Schillaci prontamente smentiti dal MEF che, senza discostarsi da logiche ultradecennali, continua a spadroneggiare in lungo e largo minando seriamente la salute dei cittadini italiani. È vero che l’attuale Governo ha stanziato più risorse in assoluto per il Fondo Sanitario Nazionale, ma le stesse sono spalmate nei prossimi 5 anni e, al netto dei rinnovi contrattuali, sono ben al di sotto del tasso inflattivo, quindi non in grado di sostenere un Servizio sanitario già in grande difficoltà. Questi finanziamenti sono appena sufficienti a mantenere lo status quo e non saranno certamente alcuni interventi legislativi a ridurre le liste di attesa senza un vero intervento strutturale di rilancio del SSN».