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Un calcio agli opposti populismi

Mettere d’accordo l’ex premier Matteo Renzi e l’ex ministro grillino Danilo Toninelli era difficile. Eppure Giuseppe Conte è riuscito nella titanica impresa. Come? Dimezzando i voti del suo Movimento Cinque Stelle tanto in Emilia-Romagna quanto in Umbria e dando così ragione ai suoi detrattori di ieri e di oggi che parlano di disfatta. Ma se l’Atene pentastellata piange, la Sparta leghista certamente non ride. È proprio Matteo Salvini, infatti, l’altro grande sconfitto di quest’ultima tornata elettorale. Un duro colpo, insomma, per i populismi di destra e di sinistra.

I numeri, d’altra parte, parlano chiaro. In Emilia-Romagna e in Umbria, il M5s non è andato rispettivamente oltre il 3,55 e il 4,71%. Nel primo caso, è passato da 100mila a 50mila voti, nel secondo da 30mila a 15mila. Quanto basta per spingere Toninelli a dire che «Conte si è scavato la fossa». La Lega ha fatto persino peggio, fermandosi al 7,70% in Umbria e al 5,27 in Emilia-Romagna, dove alle passate regionali si era attestato addirittura al 36,95 e al 31,95% dei voti: una disfatta tanto evidente che nemmeno Salvini ha potuto nasconderla.

Che cosa emerge, dunque, da questa tornata elettorale? Che la politica fatta di slogan e annunci, assistenzialismo e debito pubblico, promesse destinate a essere puntualmente disattese e manette costantemente invocate, può pagare nell’immediato, ma alla lunga svela tutta la propria inconsistenza. Da Emilia-Romagna e Umbria, dunque, un calcio agli opposti populismi.

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