“Il bue che dice cornuto all’asino”, non c’è immagine migliore per descrivere la querelle fra Beppe Grillo e “Giuseppi” Conte che, in questi giorni, ha tenuto banco su tutti i media nazionali. Che la situazione del Movimento 5 Stelle, sia ai titoli di coda, credo non sfugga più ad alcuno; ma che il fondatore e il “trovatello” che ne hanno messo alla guida arrivassero a interpretare una lite da cortile, così goffa e volgare, credo non se lo aspettasse nessuno. Avevamo sperato, infatti, che questi anni, spesi all’interno delle istituzioni, li avessero inciviliti, ingentiliti, sgrezzati, raffinati ed educati al “bon ton istituzionale” e, invece, nulla di tutto questo. Anzi, la frequentazione dei luoghi del potere, ne ha alterato i profili, aggiungendo un quid di arroganza che è proprio degli incapaci. D’altronde, quando per supportare le proprie idee ci si affida a un “comico”, non credo ci si possa aspettare molto di più.
E, come se fosse una nemesi divina, quello che maggiormente balza agli occhi di tutti, sono quei 300 mila euro l’anno che il ‘Pifferaio Magico’ ha percepito durante tutti questi anni dal Movimento politico. Quelli che dovevano moralizzare la vita pubblica del Paese, altro non hanno saputo fare che lucrare i soldi dei contribuenti italiani. In una sorta di “cupio dissolvi” della politica italiana, da un lato aboliscono per legge 500 parlamentari e dall’altro gozzovigliano fra stipendi, diaree e contributi al Partito di Camera e Senato; oltre ai sostanziosi contributi elettorali. Per tacere delle mille prebende, che il buon “Giuseppi”, ha distribuito quando, incidentalmente, si è trovato a fare il presidente del Consiglio. Dispiace che il giusto e sacro malcontento del Paese, sia stato gestito da questi ‘dilettanti allo sbaraglio.
Che sarebbe finita così, lo avevo capito da tempo e, non me ne vorrete se a conferma trascrivo un pezzo di un mio intervento al Senato, poco prima che Renzi divenisse Presidente del Consiglio, penso sia attualissimo e chiarificatore del bailamme istituzionale al quale stiamo assistendo. Dicevo: “….come si fa a essere propositivi con quello che ti si agita intorno? Serve, interessa a qualcuno la buona politica, il rispetto della Costituzione, il confronto dialettico, le buone maniere? Insomma, i buoni propositi hanno diritto di cittadinanza in quest’aula? Bene, allora spiegatemi come si fa ad essere propositivi quando la cultura imperante è quella della scorciatoia; come si fa ad essere propositivi se c’è un Italia che ha affidato a Grillo il suo grido di protesta ed è pronta ad affidare a Renzi la guida del Paese. Spiegatemelo.
E’ vero, viviamo il tempo della globalizzazione, del tutto ora e subito, della spettacolarizzazione più che dei contenuti, della gazzarra più che della ragione. E, conseguentemente, non pensiamo che affidare la guida di un Paese come il nostro, significhi anche – ecco il peso – affidarne la Storia. E, vivaddio, la nostra Storia, la nostra Storia Politica, non è una storia liquida, è fatta di uomini come Einaudi, Sturzo, Gramsci, Gobetti, Moro, Malagodi non di Santanchè e Serrachiani, non di Grillo o di Di Maio o di Renzi.
Io credo che, siccome abbiamo un ossessivo bisogno di vedere un po’ di luce, applaudiamo e ammiriamo anche chi inizia a costruire la casa dal tetto anziché dalle fondamenta. E Renzi è figlio di questa nuova cultura, la cultura della scorciatoia, del non sacrificio. La sua proposta politica è l’immagine dell’Italia che costruisce le case sui greti dei fiumi. Essere propositivi, invece, significa fissare punti di partenza sicuri, certi, credibili. Questa sì che è una proposta rivoluzionaria. Spesso ci siamo fatti irretire da un evanescente luogo comune: “L’autonomia della politica è messa in discussione dai poteri forti”. C’è del vero. Ma la verità del nostro oggi, di questo grande e disseminato disagio, sta nel fatto che la politica non riesce più ad affrancarsi dai poteri deboli, dal malpancismo, dal populismo, dal qualunquismo. Ecco perché serve una politica forte, seria, capace e credibile”.
Sono passati dieci anni da questo intervento, non vedo nulla di nuovo; anzi, i conflitti si sono acuiti, le tutele si sono allentate e le libertà si sono ristrette. In ogni caso a me piace essere sempre ottimista. Ottimista e rivoluzionario. Due cose si potrebbero fare, sono entrambe rivoluzionarie; la prima: inizierei ad applicare la Costituzione, a differenza di quello che dicono non viene mai applicata. La seconda devo dirla in forma dubitativa per evitare che mi arrestino come terrorista: vale la pena continuare a pagare le tasse in questo meraviglioso Paese?
Bentornato,
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