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Anche a scuola vince la destra: ecco perché dobbiamo parlarne

Il caso sta circolando un po’ in sordina, ma per me che ci vivo nel mondo della scuola è un indizio di fortissima educazione civica.

In questo periodo di elezioni di organi studenteschi, in quelle scuole in cui ancora ferve un po’ di attivismo politico e di partecipazione attiva alla rappresentanza studentesca, una lista di un istituto locale e non da poco, si presenta con pesanti immagini destroidi nel senso deteriore del termine, ai limiti di posizione fasciste, e, diciamo così, estreme. Riscuote un buon successo elettorale, ma non riesce a vincere, e tanto basta. Il fatto è che commentando a freddo (o a caldo, fate voi) il risultato elettorale, in un mero e sincero dibattito tra studenti e docenti vola una battuta che ha fatto tremare: «Dunque è così che hanno vinto Matteo Salvini e Giorgia Meloni?”. E si va avanti fino a dire che esattamente così la destra in Italia afferma il suo primato, ovvero contando su personaggi squallidi e poco qualificati che riescono a fare carriera.

Premetto che trovo inadeguati quanti mi verranno a fare il predicozzo dicendo che a scuola non si fa politica: è roba desueta e antipedagogica in quanto se non si parla di politica a scuola (non di partito, di politica) con giovani cittadini e pure votanti, dove bisogna parlarne visto che la politica la si insegna sin dalle sue origini greche e latine ogni volta che si cita un Cesare o un Cicerone o un Pericle? Dovremmo epurare tutti i riferimenti al Ghibellin fuggiasco che addirittura mise all’Inferno molti dei suoi avversari e dei suoi stessi compagni di partito? E spero di non aver offerto idee di possibile epurazione.

Dunque la domanda risalta chiara: perché oggi in una normale scuola, una vittoria elettorale studentesca di uno schieramento di destra fa paura? Perché viene associata, spesso legittimamente, diciamocelo con franchezza, a ideali fascisti ed estremi? In questo tempo in cui la sinistra brilla per la sua assenza e il centro si forma e si disintegra ogni giorno, forse occorrerebbe una destra, che forse non voterò mai, ma che comunque sappia essere intelligente e nuova, colta e raffinata, profondamente antifascista e volutamente moderna, che abbia il coraggio di prendere le distanze da simboli e segni che invece che al futuro inneggiano al passato drammatico che dobbiamo superare.

La destra assurda che non sa riciclarsi (forse perché non lo vuole) viene così percepita perfino da un pubblico studentesco che è notoriamente lontano da schieramenti partitici, e che pure vive un tempo in cui dopo aver associato sinistra a comunismo, ora associa destra al fascismo: con l’aggravante di imitazioni fallaci e ingannevoli, e pure inquietanti, da parte di faziose bande giovanili su cui personaggi occulti investono forze e capitali.

Dunque ben vengano quanti, docenti e formatori, dicono che la destra (o la sinistra) peggiori sono nati così, e producono e alimentano il volto tronfio di tanti nostri politici che non hanno saputo e non sanno essere, tante volte, adulti credibili e soprattutto politici al servizio di un popolo e non delle loro ideologie bocciate dalla Storia. E dai giovani.

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