Tre anni di reclusione è la condanna disposta ieri dai giudici della prima sezione penale del tribunale di Bari (presidente Carlo D’Alessandro) nei confronti di Nicola Ferrara, Nicola Mininni e Fabrizio D’Addario (attuale amministratore unico di Sanitaservice Asl Bari). Assolto per non aver commesso il fatto Antonio Ventrella. I tre condannati sono stati anche interdetti “in perpetuo dai pubblici uffici e dichiarati incapaci di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio”. Dovranno infine pagare 9mila euro all’Amiu, somma equivalente al profitto del reato, a titolo di riparazione pecuniaria. La Procura aveva chiesto per tutti e quattro la condanna a tre anni e mezzo.
I fatti
La vicenda della quale rispondono è quella relativa al ritiro e smaltimento di rifiuti ingombranti, lasciati da un accampamento rom su un’area alle spalle della clinica La Madonnina, in viale Pasteur, dove la società edile di Mininni, la Mi.Edil srl avrebbe dovuto costruire un complesso residenziale. A tal fine, con l’intermediazione di Fabrizio D’Addario, all’epoca direttore generale dell’Angas, avrebbe chiesto l’intervento dell’Amiu Puglia. L’interlocuzione, secondo la pm Luisiana Di Vittorio, sarebbe avvenuta con Ferrara, in qualità di coordinatore e capo squadra.
L’accusa
Secondo l’impostazione accusatoria, condivisa dai giudici di primo grado, l’Amiu avrebbe effettuato numerosi interventi di ritirio del materiale, per almeno quattro giornate, impegnando personale e mezzi: due scarrabili, uno ribaltabile, una pala meccanica, un polipo-ragno, cinque autisti, due manovali, per portare via oltre 11 chili di materiale. Per il servizio reso, l’importo che avrebbe dovuto pagare Mininni era di 8mila euro, ma ne sarebbe stata pagata solo una minima parte. I fatti sarebbero stati commessi tra il 29 aprile e il 29 maggio 2016.
La difesa
In aula ieri mattina, dopo le richieste di condanna formulate dalla pm Di Vittorio, hanno parlato i difensori degli imputati che hanno sostenuto come il lavoro fosse stato correttamente pagato, sia pure tardivamente, e chiedendo l’assoluzione. «Processiamo persone perché hanno fatto il loro lavoro -ha detto nella sua arringa difensiva l’avvocato Michele Laforgia – È un mondo alla rovescia».