Vincenzo Coviello, l’ex dipendente di Banca Intesa Sanpaolo che avrebbe “spiato” i conti correnti di una lunga serie di personalità tra le quali la premier Giorgia Meloni e il governatore Michele Emiliano, potrebbe non aver agito da solo. Anzi, la Procura della Repubblica di Bari sembra esserne certa, quando al 52enne contesta di essere entrato in possesso di informazioni riservate «verosimilmente in concorso e previo concerto con persone da identificare». Chi sono, dunque, i mandanti di Coviello? E chi, invece, i beneficiari delle notizie da lui carpite in ben 6.637 accessi abusivi al sistema informatico di Intesa Sanpaolo? A questi interrogativi vogliono dare risposta inquirenti e investigatori che, nelle scorse ore, hanno sequestrato all’indagato pc, tablet e chiavette usb.
La perquisizione
Su ordine del procuratore Roberto Rossi e del sostituto Giuseppe Maralfa, i carabinieri hanno perquisito la casa e l’ex postazione di Coviello nella filiale Agribusiness di Intesa Sanpaolo a Bisceglie. I militari sono andati a caccia dei telefoni utilizzati dal manager bancario a partire dal 16 settembre 2022, oltre che di tutti i dispositivi tecnologici da lui utilizzati sia nel per scopi personali sia sul posto di lavoro. L’obiettivo? Acquisire documenti, corrispondenze, dati, programmi informatici e qualunque altro indizio utile a fare luce sulla vicenda e, in particolare, sull’eventuale coinvolgimento di altre persone.
Le ipotesi
Stando a quanto comunicato dai vertici della procura di Bari, Coviello avrebbe effettuato qualcosa come 6.637 accessi abusivi al sistema informatico di Intesa Sanpaolo, acquisendo dati su 3.572 clienti con conti correnti accesi in 679 filiali sparse sull’intero territorio nazionale. Questi accessi, sempre stando a quanto trapela da ambienti giudiziari, sarebbero avvenuti «con relativa facilità». Coviello, dunque, non avrebbe hackerato alcun sistema di sicurezza: sarebbe semplicemente entrato nei singoli conti correnti accedendo ai sistemi della banca dalla sua postazione nella filiale di Bisceglie.
Il Garante
Sulla vicenda è alta l’attenzione non solo della Procura di Bari, ma anche del Garante della privacy che ieri ha fatto sapere di aver «acceso un faro» su un fenomeno definito «inquietante». «Abbiamo avviato una richiesta di informazioni tempestiva», ha fatto sapere il presidente Pasquale Stanzione al termine della conferenza stampa che ha concluso il G7 dei Garanti della privacy. «Aspettiamo una giustificazione – ha concluso Stanzione – un chiarimento che ci devono pervenire dall’ente da cui sono partiti questi accessi. Continueremo a vigilare su questa situazione».