«Matera nel suo Dna non è Basilicata, lo dice la storia fino al 1600 era capitale della terra d’Otranto», a parlare è Tito Di Maggio, ex senatore che insieme a Corrado Danzi ieri hanno protocollato al Comune richiesta di indizione del referendum popolare.
L’iter
L’iter per arrivare all’annessione di Matera con la Puglia è lungo, ma possibile. Entro quindici giorni l’ente locale, riunti i capigruppo, dovrà esprimersi. «Non credo proprio che osino negare l’ammissione al referendum, contravverrebbero ad una legge costituzionale», dice Di Maggio.
Una volta fatto questo passaggio (in teoria dovrebbe avvenire in 15 giorni), va fatta una raccolta firme per indire il referendum, serve il 10 per cento degli aventi diritti al voto. Facciamo un esempio, se Matera oggi conta 60mila abitanti, di firme ne occorrono 6mila. Una volta fatto questo passaggio si torna al Comune.
L’ente locale dovrà verificare se le firme raccolte siano effettivamente degli aventi diritto al voto, quindi presenti nelle liste elettorali di Matera. Se così dovesse essere, l’ente avrà 120 giorni di tempo per indire il referendum popolare. E dovrà farlo. Non potrà esimersi per intenderci, come prevede appunto la procedura.
Il risultato del voto
Superati i cavilli burocratici, una volta aperte le urne se più del 50 per cento dei materani dovessero scegliere di voler divenire pugliese, il risultato referendario sarà trasferito in Parlamento e dovranno essere sentiti i pareri delle due Regioni. La Puglia in realtà non avrebbe alcuna difficoltà, da tempo guarda a Matera. Comunque questo parere non sarebbe vincolante. Ma non è ancora fatta.
A questo punto vanno ridisegnati i confini periferici delle regioni e se Matera continuerà ad essere capoluogo di provincia sarebbero annessi ad essa anche i Comuni limitrofi, come Gravina e Altamura, per esempio, che sono oggi della provincia di Bari, ma distano in chilometri molto meno da Matera. Un passaggio non breve, ma anche questo possibile.
I precedenti
Non è la sola Matera a non sentire la sua identità storica, economica, culturale legata alla regione a cui appartiene, ma c’è qualche Comune che ci è riuscito? Ebbene sì, nel novembre del 2017, si ebbe il via libera definitivo al passaggio del Comune di Sappada dalla Regione Veneto, a cui apparteneva, alla Regione Friuli Venezia Giulia.
Ebbene 15 anni dopo quel plebiscito (il 95 per cento votò a favore della secessione dal Veneto) e a cinque dal voto del Parlamento che ha fatto di Sappada il 134° Comune della provincia di Udine, è difficile trovare in paese qualcuno in preda alla nostalgia. «Ho seguito la vicenda di Sappada, da senatore – aggiunge Di Maggio – l’iter è lungo e complesso, ma possibile. I materani, mi creda, sono sfiniti dalla gestione regionale. Abbiamo una altra identità».