Vecchi, pronti alla pensione e con un turn over bloccato, ecco il quadro che fa l’Istat del servizio sanitario in Italia. Il motivo? Primo fra tutti i tetti di spesa per limitare i costi della sanità pubblica.
I numeri
Prima ancora dell’Istat l’Agenas (l’Agenzia sanitaria per i servizi sanitari regionali) aveva visto lungo: entro il 2025 il 34% dei 40.250 medici di medicina generale (MMG) presenti al 2021 è previsto in uscita, pari a 13.780 unità a fronte di 10.148 unità in entrata. Tra il 2010 e il 2021, l’offerta di MMG è passata da 7,6 a 6,8 per 10.000 abitanti, con valori più elevati nel Mezzogiorno (7,3) e inferiori al Nord (6,1), pure se con la tendenza alla diminuzione in tutte le aree del Paese. Per effetto di queste dinamiche, la quota di Medici di Medicina Generale che assistono un numero di pazienti superiore al valore soglia di 1.500 assistiti, stabilito dall’accordo nazionale, è aumentata dal 25,1% del 2010 al 42,1% nel 2021. Sostanzialmente stabile, invece, la disponibilità dei pediatri di libera scelta, anche per la riduzione della popolazione assistita nella fascia di età sotto i 15 anni sperimentata in questo periodo.
In Puglia
Alla fine del 2024 andranno in pensione 1414 medici di Medicina generale e non ci sono sostituiti a sufficienza. Tra il 2019 e il 2021 il numero di medici di base si è ridotto del 3,7% ed entro il 2025 la regione ne perderà altri 383, dato confermato anche dall’ultimo report di Gimbe. Ogni medico di base può assistere massimo 1.500 pazienti, il tetto in Puglia viene superato dal 21,3% del totale dei medici. Non è tutto. Guardiamo i dati degli specialisti: dal 2025 al 2029, il territorio perderà altri 1140 specialisti e dal 2030 al 2034 si aggiungeranno altri 563 medici. In poche parole nel 2030 circa l’80% dei medici di base attualmente in servizio avrà maturato i requisiti minimi per la pensione.
Mancanza di specialisti
Non tutto. Non si trovano in questa baillame gli specialisti. E in realtà dati i dati allarmanti sarebbe compito dei disegni politici regionali capire come fare (l’accesso alle università, le specializzazioni). Basta fare degli esempi per capire di che cosa parliamo. Nel 2022 a livello nazionale i medici specialisti in attività nel settore pubblico e privato sono circa 200 mila, 3,3 per 1.000 abitanti e un’età media pari a 53,7 anni. La quota di medici specialisti di 65 anni e oltre nel decennio 2012-2022 è aumentata dal 6,6% al 23,9%, e il 38,3% ha almeno 60 anni. Il dato è soggetto a un’elevata variabilità tra le specialità: infatti, gli ultrasessantacinquenni approssimano o superano il 30% tra i ginecologi, i chirurghi e i cardiologi, mentre sono meno del 15% nel caso della medicina d’urgenza e dell’oncologia.
Il caso Basilicata
Un caso a parte è la cenerentola d’Italia, la Basilicata, mesi fa è andato deserto per un bando per anatomopatologo. O meglio chi ha vinto il concorso, ha poi rifiutato. Qui la crisi sanitaria è allarmante, il 54% dei camici bianchi ha più di 65 anni e il 30% tra 55 e 64. Questo determinerà una grave carenza nell’assistenza ai cittadini, specie quelli che vivono nelle aree interne, dove già oggi si registrano notevoli difficoltà nel ricambio generazionale. Sebbene il tasso di copertura della popolazione sia ancora sopra la media italiana.