Il servizio dovrebbe partire lunedì prossimo negli istituti di Santo Spirito, Palese, San Paolo, Marconi, Fesca-San Girolamo, Libertà, San Nicola e Murat. Ma sulla gara d’appalto per la refezione scolastica, aggiudicata al raggruppamento temporaneo di imprese Solidarietà e Lavoro-Vivenda per soli 33 centesimi di punto su Ladisa Ristorazione, restano molti aspetti da chiarire. Qualche esempio? La valutazione dei prodotti biologici a chilometro zero, la loro provenienza e la spesa per la pulizia di locali e attrezzature: questioni sulle quali Ladisa Ristorazione ha evidenziato una serie di anomalie che al momento il Comune di Bari ha ritenuto di ignorare ma delle quali è stata già informata la Guardia di finanza.
I “doppioni”
L’amministrazione comunale, dunque, ha affidato le mense scolastiche a Solidarietà e Lavoro-Vivenda sulla base di 97,85 punti a fronte dei 97,48 di Ladisa Ristorazione. Uno scarto minimo, dunque, che induce ad accendere i riflettori sulle modalità di attribuzione del punteggio. E così si scopre che, secondo quanto segnalato da Ladisa Ristorazione, nel prospetto dei prodotti a chilometro zero che Solidarietà e Lavoro-Vivenda intende servire ai bambini delle scuole figurano alcuni “doppioni”. I panini, per esempio, sono indicati due volte. E lo stesso vale per clementine, pomodori e prezzemolo. Tutto normale, se l’amministrazione comunale non avesse attribuito punti anche ai “doppioni” indicati dal raggruppamento temporaneo di imprese il cui punteggio è così lievitato.
L’origine dei prodotti
Altra questione è quella dell’origine dei prodotti. Solidarietà e Lavoro-Vivenda intende proporre agli studenti prodotti biologici a chilometro zero e filiera corta. Perciò ha stipulato, il 26 agosto 2022, un’intesa con la società Greenway con sede a Triggiano. In base all’accordo, Greenway dovrebbe fornire annualmente 13mila chili di carote, 8mila di cipolle sedano porro prezzemolo, 7mila e 500 di pomodori, 10mila di zucca e 2mila di patate, tutti coltivati nel terreno di proprietà della stessa ditta lungo il tratto della strada provinciale 60 che attraversa Triggiano. E qui sorge il problema. Dando un’occhiata alla documentazione conservata presso la Camera di commercio di Bari, Greenway risulta essere un grossista e non un produttore di frutta e ortaggi biologici. A chiarirlo è la stessa ditta di Triggiano che, interpellata in via ufficiale, ha chiarito di essere iscritta alla Camera di commercio di Bari come «esercente di attività di commercio all’ingrosso di frutta e ortaggi freschi» e di svolgere «solo attività di trading di prodotti ortofrutticoli freschi con la caratteristica del biologico». Poi l’affermazione che non lascia dubbi: «In nessun caso Greenway è da considerare produttore primario». Ma c’è di più: in un documento firmato ieri, i vertici di Greenway, dopo aver ribadito di svolgere attività di vendita all’ingrosso e non di produzione di frutta e ortaggi, chiariscono che «i prodotti commercializzati vengono acquistati in buona parte da produttori agricoli pugliesi e, quando il prodotto non è reperibile localmente, da produttori fuori regione». Affermazioni che sembrano stridere con quelle di Solidarietà e Lavoro-Vivenda che al Comune ha ribadito la «piena conformità della proposta gestionale ai requisiti di gara».
Le spese per le pulizie
Altra questione è quella relativa alle spese preventivate da Solidarietà e Lavoro-Vivenda per la pulizia di locali e attrezzature: si tratta di soli 3.990 euro l’anno. Ma una simile previsione è realistica? Se si divide quella somma per i 140 giorni di servizio l’anno, la spesa è pari a soli 28,5 euro al giorno. Proprio così. Per pulire tutti i refettori, i 37 locali di porzionamento annessi ai vari plessi, le stoviglie per la produzione e il consumo del pasto, oltre che il centro cottura di 1.500 metri quadrati, Solidarietà e Lavoro-Vivenda considera una spesa di soli 28,5 euro al giorno: una cifra che non basterebbe nemmeno a una massaia barese per pulire quotidianamente gli ambienti della una piccola casa. Eppure il raggruppamento temporaneo di imprese ha ricevuto ben 12,9 punti per la previsione di spesa relativa alla sanificazione di ambienti e attrezzature, a differenza di Ladisa Ristorazione che ha preventivato la più realistica cifra di 27.930 euro l’anno salvo poi vedersi assegnare soltanto 12,2 punti.
Lo scenario
E che cosa ha fatto il Comune di Bari a proposito delle anomalie puntualmente evidenziate da Ladisa Ristorazione? Nulla. Davanti a questi rilievi l’amministrazione non ha saputo fare di meglio che tacere, accettare senza colpo ferire le giustificazioni di Solidarietà e Lavoro-Vivenda e fissare la data di avvio della refezione scolastica. Nemmeno Vito Lacoppola, assessore comunale alla Pubblica Istruzione più volte contattato e invitato a fare chiarezza, ha ritenuto di doversi esprimere sulle anomalie segnalate da Ladisa Ristorazione. Eppure, proprio ieri, l’assessore ha visitato il centro cottura di Solidarietà e Lavoro e Vivenda, dicendo di essere «al lavoro affinché il servizio di refezione parta nel migliore dei modi possibile». Ma le risposte che non arrivano dal Comune sembrano destinate ad arrivare dalla Guardia di finanza, già informata della questione, e dalla Procura delle Repubblica, alla quale sarà indirizzato un esposto nelle prossime ore. Il tutto in attesa che sulla regolarità dell’appalto per la refezione scolastica si esprimano i giudici del Consiglio di Stato: l’udienza di merito è già fissata per il prossimo 7 novembre.