Era il 26 settembre 1976, quando uno scoppio nella colonna di lavaggio dell’ammoniaca del petrolchimico, all’epoca Anic, a Macchia-Monte Sant’Angelo rilasciò nell’atmosfera tonnellate di arsenico, una sostanza altamente tossica e cancerogena. Oggi, a quarantotto anni di distanza, «è fondamentale rimarcare la necessità di una politica responsabile, che affronti con determinazione le problematiche legate al petrolchimico: solo così si potrà scrivere una nuova storia per la città di Manfredonia e per il suo futuro, una storia di giustizia, sicurezza e speranza». Queste le parole di Rosa Porcu, presidente della Casa della Salute e dell’Ambiente, che in occasione del tragico anniversario ha organizzato una serie di eventi informativi e di sensibilizzazione.
L’impegno
A riguardo rimarca ancora la presidente «si è dovuta affrontare una battaglia per ottenere verità e giustizia. Tutto quello che era accaduto era stato occultato fin dal primo momento, perché questa fabbrica, a partecipazione statale, ha goduto di tutte le connivenze possibili da parte delle istituzioni. Questo lo abbiamo scoperto solo con le lotte dell’89». Porcu ha spiegato che le istituzioni, dalla Capitaneria di porto fino alla Azienda sanitaria locale, concessero permessi per realizzare questo scempio nel territorio, cercando di coprire ogni responsabilità con un velo di silenzio. «Anche gli organi di stampa sono stati in qualche modo conniventi, compresa la televisione», sottolinea la presidente.
Le accuse
«Mi ricordo che durante gli anni di lotta avevamo RaiTre regionale sempre contro di noi. Metterei, oltre alle istituzioni, anche il sindacato tra gli ostacoli alla lotta per la verità, perché in nome della difesa del lavoro e degli operai, non ha considerato che quella fabbrica stava causando morte e malattie».
La situazione
Sul fronte della bonifica delle aree del sito Sin Manfredonia, area ex Enichem, le cose non vanno molto bene, in quanto il processo pare appena iniziato e quello che è stato certificato finora da Eni, autorizzata ai lavori dal ministero competente nel 2019, lascia molte perplessità sulla sua esecuzione nonostante siano già stati spesi 350 milioni di euro. «Quindi potremmo dire che la bonifica, su cui solleviamo innumerevoli dubbi, è stata eseguita solo su 96 di 210 ettari interessati senza prendere in considerazione la contaminazione delle falde acquifere» spiega come un fiume in piena la presidente che aggiunge «Tutti gli inquinanti sono ancora presenti. Qui si muore come mosche anche perché la situazione non è stata mai presa di petto».
L’indagine epidemiologica, infatti, ha rivelato risultati allarmanti riguardo alla salute della popolazione di Manfredonia, a partire da un significativo deterioramento della salute rispetto agli anni Settanta fino alle malformazioni genetiche superiori alla media regionale nelle aree di Manfredonia e Monte Sant’Angelo. «Alla luce di tutto ciò, diventa necessario instaurare una collaborazione attiva con i comuni di Monte Sant’Angelo e Mattinata per incominciare a ragionare sulla rigenerazione o meglio trasfigurazione del Gargano, come dice il nostro vescovo padre Franco Moscone», afferma ancora Porcu.
In conclusione, la presidente della Casa della salute e dell’ambiente rivolge uno sguardo di speranza per il futuro, precisando che tutte le imprese che vorranno investire nel territorio dovranno avere dei limiti, quelli stabiliti dalla storia, affinché tragedie come queste non si ripetano più. Le iniziative di ricordo della tragedia andranno avanti oggi e domani e termineranno il 10 ottobre con l’incontro in sala consiliare del Comune di Manfredonia con i sindaci di Manfredonia, Monte Sant’Angelo e Mattinata e con l’arcivescovo padre Franco, per discutere di salute, tutela dell’ambiente, e per condividere una politica di rinascita del Gargano.