C’è anche Vincenzo Bruno, ritenuto un referente della Sacra corona unita di Brindisi, tra gli arrestati in un’operazione della Guardia di finanza di Brescia, coordinata dai pm antimafia Erica Battaglie e Francesco Milanesi, che ha portato all’arresto di 61 persone – in Italia, Albania, Svizzera e Polonia – nell’ambito di una maxi inchiesta antidroga.
Gli indagati sono complessivamente 135, ritenuti componenti di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
Il gruppo avrebbe riciclato i profitti illeciti attraverso un sistema di «fatture per operazioni inesistenti», spiegano gli inquirenti. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 360 chili di droga.
A carico dei soggetti indagati sono stati emessi i provvedimenti di sequestro preventivo, finalizzati alla confisca per equivalente, per un importo complessivo pari a oltre 60 milioni di euro. In particolare, il gruppo criminale, basato in Albania e con diramazioni in Italia, avrebbe importato in Europa la droga dal Sud America attraverso rotte di navigazione commerciali per poi farla entrare in Italia via Spagna e Olanda utilizzando mezzi pesanti.
Gli ingenti quantitativi di cocaina sarebbero stati immagazzinati per la successiva distribuzione in cinque basi operative, dislocate principalmente tra Brescia, Romano di Lombardia e Palazzolo sull’Oglio e in altri Comuni del centro-nord Italia come Varese e Pisa.
Il denaro veniva poi riciclato attraverso un gruppo cinese residente a Brescia che avrebbe “monetizzato” fatture per operazioni inesistenti per oltre 375milioni di euro.
Bruno, insieme al cassiere del clan – a cui è stato sequestrato un milione di euro -, era in contatto con i vertici dell’associazione attiva in Albania e che vendeva cocaina che poi veniva importata in Italia da Olanda e Spagna.
Gli inquirenti italiani si sono avvalsi della cooperazione di Europol, della Direzione centrale servizi Antidroga, del servizio per la Cooperazione internazionale di polizia, dell’ufficio dell’esperto per la sicurezza presso l’Ambasciata d’Italia a Tirana, delle forze di polizia albanesi, polacche e svizzere e del supporto dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria (Eurojust).