Il Comune di Carlantino sta affrontando un grave rischio di dissesto finanziario a causa delle spese sostenute per tutelare una madre e i suoi quattro figli sotto il codice rosso, un regime di protezione attivato in seguito a continue minacce dal padre della famiglia. Ogni mese, il Comune spende oltre 11mila euro per garantire la loro sicurezza, accumulando un debito di circa 200mila.
Questa situazione evidenzia una delle problematiche più pressanti relative alla legge del codice rosso: benché essa abbia notevolmente rafforzato la protezione delle vittime di violenza domestica, ha anche messo in luce la difficile sostenibilità finanziaria delle misure di protezione, specialmente per i piccoli comuni.
Attualmente, in Puglia, esistono solo sei case rifugio, secondo i dati rilevati nel 2021. Queste strutture, sebbene forniscano un rifugio sicuro e supporto alle donne vittime di violenza e ai loro figli, sono poche e spesso i fondi a disposizione non bastano a coprire tutte le necessità. Di recente, la Regione Puglia ha annunciato l’apertura di due nuove strutture temporanee finanziati con nuovi fondi statali per il triennio 2021-2023, dimostrando un impegno forte ma ancora insufficiente per rispondere al bisogno crescente.
Le case rifugio offrono un’ospitalità iniziale di sei mesi, estendibili in casi particolari, e sono finanziati per l’85,1% da fondi pubblici. Tuttavia, questi fondi non sempre sono sufficienti per garantire un servizio adeguato, spingendo alcuni comuni a fronteggiare spese esorbitanti per garantire la sicurezza e il benessere delle vittime. Nel caso di Carlantino, il fatto che il padre minaccioso risieda in Sudamerica aggiunge una complessità ulteriore, sollevando questioni sulla proporzionalità delle spese di protezione rispetto alla minaccia effettiva.
Il problema più grande che emerge è come garantire l’autonomia economica delle donne dopo il periodo di protezione legale. È cruciale potenziare i programmi di inserimento lavorativo per le donne vittime di violenza, personalizzando gli interventi a seconda delle esigenze individuali e collaborando con aziende disposte a fornire formazione e opportunità di lavoro. Migliorare questi programmi potrebbe non solo aiutare le donne a ricostruire una vita indipendente e sicura ma anche ridurre il peso finanziario sui comuni.
Un’azione congiunta tra istituzioni pubbliche, il settore privato e la società civile è necessaria per garantire che il passaggio da una situazione di emergenza a una di stabilità sia il più fluido e sicuro possibile. Questo passaggio dovrebbe includere non solo un supporto economico e di alloggio ma anche un supporto psicologico e legale continuativo.
La sensibilizzazione e l’educazione della comunità giocano un ruolo cruciale nel prevenire la violenza domestica e nel supportare le vittime. Molte situazioni non sono denunciate, la donna non ha neanche consapevolezza di vivere una situazione violenta né di poter chiedere aiuto e tutelata. Promuovere una cultura di non violenza e rispetto può contribuire significativamente a ridurre l’incidenza di questi casi e a migliorare la risposta comunitaria alle emergenze.
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