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Medici in piazza dopo le aggressioni: «Ora accessi limitati nei pronto soccorso»

Dopo l’escalation di violenza contro gli operatori sanitari che ha interessato nelle ultime settimane il territorio pugliese (l’episodio più grave quello del 4 settembre nel reparto di chirurgia toracica del Policlinico Riuniti di Foggia dove i familiari di una 23enne, morta durante un intervento, hanno aggredito il personale sanitario che è stato costretto a rifugiarsi…
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Dopo l’escalation di violenza contro gli operatori sanitari che ha interessato nelle ultime settimane il territorio pugliese (l’episodio più grave quello del 4 settembre nel reparto di chirurgia toracica del Policlinico Riuniti di Foggia dove i familiari di una 23enne, morta durante un intervento, hanno aggredito il personale sanitario che è stato costretto a rifugiarsi in alcune stanze), oggi è il giorno in cui le sigle sindacali Anaao, Assomed e Cimo Fesmed si riuniranno in assemblea all’esterno del Policlinico per manifestare lo sconcerto e il disappunto di tutta la categoria per il continuo succedersi di aggressioni.

Le richieste degli operatori

Dal Daspo, all’arresto in flagranza in differita, passando per l’intervento dell’esercito in corsia, sono diverse le soluzioni prospettate per mettere un freno alle aggressioni che rischiano di aggravare ulteriormente il fenomeno della fuga di medici e infermieri dagli ospedali pubblici, già in atto. «La situazione si è ormai incancrenita – spiega Donato De Giorgi, presidente dell’Ordine dei medici di Lecce – tra non molto se le cose continueranno così il problema sparirà da solo perché non ci saranno più i medici in corsia e nei pronto soccorso. Nella mia zona diversi colleghi hanno già chiesto di uscire dai ruoli in questi reparti più a rischio e provare strade diverse in situazioni più tranquille». Ma il dato preoccupante non si ferma qui. «Chi può cerca di andare in pensione anticipata e i giovani scelgono altre specializzazioni più tranquille».

Per il presidente De Giorgi una soluzione è quella di regolare gli accessi negli ospedali come avviene in altri luoghi sensibili come le banche. «Per entrare in un ospedale o pronto soccorso servono controlli in entrata o sistemi come i metal detector, più agenti negli ospedali più grandi e nei periodi in cui ci sono più accessi e strumenti come le bodycam per registrare tutto quello che succede». Ma l’implementazione dei controlli non è una soluzione di per sè sufficiente. «Le aggressioni sono un ulteriore sintomo della situazione di emergenza della sanità pugliese – spiega il segretario generale della Cisl Puglia, Antonio Castellucci – Nonostante siano trascorsi pochi anni dalla pandemia quando i medici e gli operatori sanitari venivano indicati come eroi.

Per alcuni, l’unica reazione al disagio, ai risvolti drammatici di un incidente stradale o di una grave malattia, sia la violenza nei confronti di chi opera per tutelare la salute. Non c’è tempo da perdere, sono necessari interventi a tutela di un lavoro che già di per sé è particolarmente complesso. Si tratta di prevedere, ancor più, nei piani sulla sicurezza delle aziende sanitarie una specifica valutazione del rischio aggressione oltre all’obbligatorietà della segnalazione alla Procura da parte dell’Azienda sanitaria e la costituzione di parte civile nei processi a carico degli aggressori». Sarebbe infine necessaria una vera e propria «nuova legittimazione della figura del medico della sanità pubblica – conclude il presidente De Giorgi – vittima delle carenze del sistema provocate dalla politica e con il quale se la prendono poi i pazienti delusi dall’inefficienza del sistema».

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