«Ci aspettiamo e chiediamo fortemente al governo nazionale che la misura “Decontribuzione Sud” venga resa strutturale e che venga confermata almeno fino al 2026, data di scadenza del Pnrr». Non usa giri di parole, Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia, per sottolineare la necessità di quella che definisce «una delle misure migliori a disposizione delle imprese del Sud dall’unità di Italia ad oggi».
Presidente, dal primo settembre entreranno in vigore nuovi incentivi per le assunzioni anche nel Mezzogiorno. Ma lei riaccende i riflettori su “Decontribuzione Sud”. Come mai?
«Perché non è solo un incentivo, ma una misura che crea un grosso vantaggio per le imprese che creano ricchezza e valore nel Mezzogiorno d’Italia. Non è assistenzialismo, dove vengono dati i soldi a pioggia, e che non servono a niente, ma un reale aiuto alle imprese che assumono per le quali c’è una agevolazione di un una quota parte dei contributi. In questo modo le aziende hanno un costo più basso del lavoro e possono assumere più dipendenti. Adesso è stata prorogata fino al 31 dicembre ma chiediamo che possa diventare una misura strutturale».
E cosa pensa, invece, dei nuovi bonus?
«Lo sgravio fiscale previsto si realizza solo in determinate condizioni. Le aziende devono rispettare tutta una serie di parametri. Ma io estenderei la misura a tutti, aprirei le maglie di questi incentivi, perché bisogna essere in grado di poter assumere qualsiasi tipo di professionalità che possa essere utile in quel determinato momento. Se avessi bisogno di prendere un dipendente che ha 60 anni perché penso che sia una risorsa valida per l’azienda, devo poterlo fare. Vorrei che lo Stato si preoccupasse di mettere tutti quanti nelle stesse condizioni di partenza con politiche di welfare che consentano di avere l’opportunità scegliere per il merito e le competenze e non per il genere o l’età».
Un altro tema è quello della Zes unica del Mezzogiorno. A che punto siamo?
«Siamo stati noi come Confindustria a richiedere ufficialmente al ministro Fitto che tutto il Meridione potesse diventare un’area economica speciale. Questo significherebbe meno burocrazia e vantaggi fiscali per chi investe. Le nostre imprese muoiono di burocrazia e, io dico, di “lentocrazia”, un fenomeno che – salvo qualche rara eccezione – colpisce il Sud. Il nemico numero uno, non sono i competitor, ma la burocrazia italiana. Se la Zes unica dovesse veramente partire ne potremmo beneficiare tutti andando proprio a efficientare e velocizzare le procedure burocratiche che purtroppo vedono una lentezza da parte della pubblica amministrazione che non ha sufficiente personale per rispondere all’esigenza delle imprese».
Restando sul capitolo Zes, dopo le polemiche e l’arrivo di nuove risorse, la questione del credito d’imposta insufficiente è stata risolta?
«Una delle cose che noi riteniamo fondamentale come imprese è la certezza del diritto. Se faccio questo investimento ho certezza che ci sarà questo credito d’imposta? Questo è dirimente per un’impresa. Oggi il problema è che non c’è certezza dell’ottenimento del credito d’imposta».
Nel frattempo i dati parlano di un Sud che cresce più della media italiana. The European House – Ambrosetti individua il Sud come la terza regione più attrattiva tra i 22 paesi del Mediterraneo, l’export è da record, crescono le pmi e le start-up. Siamo davvero di fronte a un cambio di paradigma?
«È in atto un cambio di mentalità. E non grazie alla politica, ma nonostante la politica. Siamo in una situazione di necessità, gli investimenti del Pnrr servono a questo: ridurre i divari sia dal punto di vista delle infrastrutture materiali che immateriali. Ci devono mettere nelle stesse condizioni del Nord con porti, aeroporti, strade e infrastrutture. Ancora più importanti, dal punto di vista delle infrastrutture immateriali, sono scuola università e formazione. Al nostro Sud non manca nulla per guardare a un futuro roseo. Spetta a noi, spetta a questo governo, a questa classe dirigente e al paese intero, fare la sua parte».