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Angelo Branduardi in Puglia: «A Mola un’esibizione intimistica e coraggiosa» – L’INTERVISTA

L’entusiasmo sembra quello del 1974, quando diede il via a una carriera segnata da 50 dischi, successi senza tempo come “Alla fiera dell’est” e “Confessioni di un malandrino” e acclamazione da parte del pubblico non solo italiano ma anche europeo. Per Angelo Branduardi, in fondo, poco o nulla sembra essere cambiato nulla: certo, gli inconfondibili…
Foto di Ferdinando Bassi (com.st.)

L’entusiasmo sembra quello del 1974, quando diede il via a una carriera segnata da 50 dischi, successi senza tempo come “Alla fiera dell’est” e “Confessioni di un malandrino” e acclamazione da parte del pubblico non solo italiano ma anche europeo. Per Angelo Branduardi, in fondo, poco o nulla sembra essere cambiato nulla: certo, gli inconfondibili capelli ricci sono diventati più bianchi, ma la capacità di incantare le persone coniugando il potere della poesia con incroci di sonorità sempre diverse sono quelli che hanno sempre contraddistinto il suo percorso artistico. E lo si comprende quando il “menestrello” milanese traccia un bilancio dell’ultimo mezzo secolo: «Avrei voluto esibirmi con Pino Daniele, ma non è stato possibile. Il momento più esaltante? Sempre il prossimo. Nel futuro mi vedo ancora in giro per suonare la mia musica». E così, domani alle 21.15, nell’arena del castello di Mola di Bari, Branduardi salirà sul palco dell’Agìmus Festival per presentare una particolare versione dei suoi brani più famosi in duo col polistrumentista Fabio Valdemarin.

Maestro, la Puglia l’attende: che cosa la lega a questa terra?

«Amo moltissimo la pizzica e la cucina locale che è straordinaria. Senza dimenticare che in Puglia, in cinquant’anni esatti di carriera, ho suonato diverse volte».

Ecco, quest’anno lei festeggia addirittura mezzo secolo di carriera: qual è stato il momento più esaltante?

«Sempre il prossimo».

Una tappa fondamentale di questo percorso è stata senz’altro segnalata da “Alla fiera dell’est”: ricorda il momento in cui la compose, proprio agli albori della sua carriera?

«In realtà non ricordo il momento esatto. Posso dire che il brano è liberamente ispirato a un canto ebraico e ha l’andamento di una filastrocca come ce ne molte in ogni regione del nostro Paese. Ormai è patrimonio di tutti».

Nelle sue canzoni ci sono tante epoche, non solo quella ebraica. Penso soprattutto al Medioevo: le piacerebbe tornare a quei tempi?

«No, affatto. Certo, viviamo un momentaccio orribile nel quale un cantautore deve battersi per tentare di cambiare ciò che non va. Penso soprattutto a guerre e cambiamento climatico. Ma non vorrei vivere nel Medioevo: sono un uomo del presente che sogna un nuovo Rinascimento più che vagheggiare il ritorno al Medioevo».

Nel Medioevo ha sempre apprezzato la musica: quella di oggi, invece, le piace?

«Non mi piace per niente. Per carità, c’è la musica per i giovani e quella per i meno giovani, il che va benissimo. In generale, però, non la trovo interessante, se non in qualche rarissima eccezione».

Lei ha condiviso il palco con altri grandi interpreti, a cominciare da Roberto Vecchioni: c’è un autore col quale avrebbe desiderato esibirsi?

«Con Pino Daniele. Purtroppo non abbiamo mai avuto l’occasione di suonare l’uno al fianco dell’altro perché eravamo sempre in giro. Ma Pino era un artista straordinario. La sua era una musica capace di entrare nelle vene».

Lei ha sempre rifiutato di partecipare al festival di Sanremo a differenza di altri grandi interpreti della musica italiana. C’è speranza di vedere anche lei sul palco dell’Ariston o è sempre convinto di voler evitare?

«No, non andrò a Sanremo. Diciamoci la verità, dopo cinquant’anni di carriera potrei stare tranquillamente a casa. Invece mi diverto ancora a suonare e ad andare in giro: voglio continuare a fare questo».

Che tipo di concerto sarà quello in programma a Mola di Bari?

«Sarà una esibizione molto intimistica. Ma anche molto coraggiosa».

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