L’autonomia differenziata è diventata legge dello Stato in vigore. Infatti sono trascorsi i 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale utili per l’ufficialità.
Le polemiche
Tuttavia, non si placano le polemiche e le critiche a un disegno di legge che ha avuto il merito di rianimare il dibattito politico e ha rivitalizzato le opposizioni, le quali al termine della battaglia parlamentare si apprestano a spingere un referendum abrogativo che ha già ottenuto il via libera dai consigli regionali di Campania, Emilia Romagna e Toscana e dopodomani approda nelle assise pugliesi con la discussione in prima commissione e la prossima settimana in aula. Anche la Sardegna procederà allo stesso modo, così da raccogliere i 5 consigli regionali necessari per chiedere la consultazione popolare. Insieme alle regioni con maggioranze di centrosinistra anche alcuni enti territoriali a trazione centrodestra mostrano segni di perplessità verso la legge che i contestatori chiamano “Spacca – Italia”.
Tra questi la Calabria, ma anche la Basilicata, regioni guidate da presidenti di Forza Italia, e il Lazio, il cui governatore, Francesco Rocca, è esponente di Fratelli d’Italia, e ha detto che non attiverà «la richiesta come ha fatto il presidente del Veneto Luca Zaia, perché il Lazio ha 20 miliardi di debiti. Inoltre, prima di decidere aspetto l’attivazione dei Lep (i livelli essenziali di prestazioni)». Anche gli analisti chiedono “prudenza”.
Il parere di Cartabellotta
Il presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, scrive che «l’autonomia differenziata legittimerà normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute e assesterà il colpo di grazia al Sistema sanitario nazionale. Peraltro, andando in direzione ostinata e contraria al Pnrr, il cui obiettivo trasversale è ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali e rilanciare il Mezzogiorno», evidenziando uno degli ambiti in cui maggiormente potrebbe incidere la nuova legge e cioè la politica sanitaria che, aumentando le competenze delle Regioni, potrebbe ingigantire i divari tra le aree del Paese come ha sostenuto nei giorni scorsi il presidente pugliese, Michele Emiliano, sottolineando il rischio che «molti medici possano trasferirsi in altre regioni, allettati da retribuzioni aggiuntive».
La contestazione
Anche la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri contesta la norma. Secondo i dirigenti «il Governo, impegnato nell’attuazione delle nuove disposizioni di legge, deve ascoltare il Paese che chiede che il rinnovamento si accompagni a certezze e a sicurezza sociale, evitando il rischio di un’ulteriore deriva del servizio sanitario nazionale» e invoca «una norma che rafforzi il ruolo del ministero della Salute per bilanciare, nel nuovo scenario, le istanze dell’autonomia con la garanzia uniforme della qualità e della competenza». Così, la legge voluta dal ministro per le regioni, il leghista Roberto Calderoli, divide il Paese ancor prima che abbia concretizzato i suoi effetti.