Senza certezze su piano industriale, garanzie per i lavoratori e prestito ponte del governo i sindacati non approveranno la cassa integrazione per i 5.200 dipendenti dell’ex Ilva chiesta dai commissari di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria.
È quanto emerso oggi durante un incontro tra l’azienda e i sindacati che si è svolto nella sede del ministero del Lavoro.
La trattativa è stata aggiornata a dopo un incontro a Palazzo Chigi, richiesto unitariamente da Fim, Fiom e Uilm, per avere risposte sul futuro industriale, occupazionale e ambientale dell’azienda.
All’incontro di oggi erano presenti il direttore generale di Ilva, Maurizio Saitta, e il direttore del personale Claudio Picucci, rappresentanti del Ministero del Lavoro e delle Regioni Liguria, Piemonte, Puglia, Veneto, Lombardia. Per i sindacati c’erano il coordinatore nazionale per la siderurgia della Fiom, Loris Scarpa, il segretario nazionale della Fim, Valerio D’Alò, il segretario nazionale dalla Uilm e responsabile Siderurgia, Guglielmo Gambardella, il segretario della Uilm di Taranto, Davide Sperti, Francesco Rizzo e Sasha Colautti dell’esecutivo confederale Usb.
I commissari dell’Ilva hanno richiesto la cassa integrazione per 5.200 dipendenti: 4.400 a Taranto, 800 a Genova, 245 a Novi Ligure (Alessandria), 25 a Racconigi (Cuneo), 20 a Legnaro (Padova), 40 a Marghera (Venezia), 50 a Milano, 20 a Paderno Dugnano (Milano).
Incontro insoddisfacente
Per la Fiom l’incontro è stato insoddisfacente, come spiega Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia Fiom-Cgil. «È stato confermato che non è stato ancora sbloccato il prestito ponte di 320 milioni di euro, risorse necessarie per il piano di ripartenza», dice Scarpa, che fa sapere come l’azienda in amministrazione straordinaria abbia «ribadito la propria impostazione sull’avvio della cassa integrazione per 5.200 lavoratori».
Per il sindacalista «sono fondamentali per la prosecuzione della discussione gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e la messa in funzione del secondo altoforno. Ad oggi – prosegue il coordinatore nazionale siderurgia Fiom-Cgil – il piano per la ripartenza che è stato presentato in Confindustria a Roma il 7 maggio scorso è in contraddizione con i numeri prospettati di cassa integrazione. Lo sblocco delle risorse è centrale e condizione imprescindibile per realizzare un accordo di ripartenza».
Per la Fiom-Cgil «il cambio effettivo delle relazioni sindacali avviene se si costruiscono le condizioni per arrivare ad un accordo, dal momento che l’unico ancora in vigore è quello del 2018».