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Azione inibitoria per fermare l’ex Ilva di Taranto: attesa per la decisione della Corte Ue

«Oggi è la vigilia di un giorno importante per Taranto. Noi vorremmo che andasse come speriamo, naturalmente. In ogni caso, siamo consapevoli di averci messo l'anima». Lo dicono i portavoce dell'associazione Genitori tarantini alla vigilia della sentenza della Corte di Giustizia europea in merito all'azione inibitoria contro l'ex Ilva promossa da dieci cittadini e da…

«Oggi è la vigilia di un giorno importante per Taranto. Noi vorremmo che andasse come speriamo, naturalmente. In ogni caso, siamo consapevoli di averci messo l’anima». Lo dicono i portavoce dell’associazione Genitori tarantini alla vigilia della sentenza della Corte di Giustizia europea in merito all’azione inibitoria contro l’ex Ilva promossa da dieci cittadini e da un bimbo di 11 anni affetto da una rara mutazione genetica.

L’udienza pubblica è fissata per le 9:30 di domani. Era stato il Tribunale delle imprese di Milano, nel settembre 2022, a sospendere la causa sull’inibitoria trasmettendo gli atti alla Corte del Lussemburgo per porre sostanzialmente tre quesiti concernenti l’interpretazione della normativa europea in materia di emissioni inquinanti di impianti industriali in relazione alle norme italiane.

I ricorrenti chiedono innanzitutto la «cessazione delle attività dell’area a caldo» dell’ex Ilva, la «chiusura delle cokerie, l’interruzione dell’attività dell’area a caldo fino all’attuazione delle prescrizioni» dell’Aia e la «predisposizione di un piano industriale che preveda l’abbattimento delle emissioni di gas serra di almeno il 50%».

L’azione inibitoria è stata presentata dall’associazione Genitori Tarantini tramite gli avvocati Ascanio Amenduni e Maurizio Rizzo Striano, la Regione Puglia si è costituita in giudizio ad adiuvandum.

Successivamente sono state raccolte le firme di oltre 136 cittadini (tra cui gli 11 dell’azione inibitoria) anche per una class action risarcitoria.

L’avvocato generale della Corte Ue Juliane Kokott nell’udienza del 14 dicembre scorso ha sostenuto che «in base alle direttive Ue, un impianto industriale non può essere autorizzato se causa eccessivi danni alla salute e solo in circostanze particolari è possibile un differimento delle misure per la riduzione dell’impatto ambientale».

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