Sono tre le coordinate su cui le ricompattate opposizioni al governo di centrodestra si stanno muovendo per tentare di annullare la riforma che prevede l’Autonomia differenziata tra le Regioni in 23 materie amministrative tra cui la sanità e l’istruzione, voluta dalla Lega e approvata ieri l’altro dal Parlamento.
La prima è una lettera inviata al Presidente della Repubblica, già ieri dai capigruppo di Camera e Senato del Movimento 5stelle, Stefano Patuanelli e Francesco Silvestri, con cui chiedono a Sergio Mattarella di «esercitare le sue prerogative e rinviare il testo alle Camere per salvaguardare l’assetto democratico».
La seconda è un eventuale ricorso alla Corte costituzionale, che stanno valutando due delle maggiori regioni del mezzogiorno: la Puglia e la Campania. Secondo la presidente del consiglio regionale di via Gentile a Bari, Loredana Capone, «batteremo tutte le strade per contrastare una riforma ideologica». Anche Fabiano Amato, presidente della commissione bilancio regionale e leader di Azione, ritiene «il ricorso alla Corte costituzionale plausibile», questo perché «consideriamo questa legge un anacronismo politicamente sciocco e relativo a tutte le ipotesi autonomiste che si sono susseguite negli ultimi anni. In realtà, di autonomia regionale ne servirebbe molto meno e, a pensarci bene, anche quella statale andrebbe ridotta in favore di una maggiore presenza delle istituzioni europee».
Consulta o referendum
Mentre Vincenzo De Luca, governatore della Campania, è pronto ad avviare la procedura per adire la Consulta. Tuttavia, secondo l’articolo 75 della Costituzione per validare il ricorso servono almeno cinque consigli regionali o la richiesta firmata da 500mila elettori. Gli stessi numeri necessari per chiedere il referendum abrogativo. Ed è questa la terza coordinata che Partito democratico, Movimento 5stelle, Alleanza verdi e sinistra, Azione, Più Europa e Italia Viva ritengono di dover percorrere già dai prossimi giorni, così da poter raggiungere la cifra entro il mese di settembre e poter andare alle urne già nella primavera del prossimo anno.
Tuttavia, oltre all’emotività delle ore immediatamente successive alla battaglia parlamentare di martedì notte, i leader delle minoranze e i vertici delle due regioni del sud stanno ragionando sui tecnicismi che potrebbero vanificare i progetti, in quanto la legge Calderoli è un collegato alla manovra di bilancio e quindi c’è il rischio che la richiesta di referendum possa essere dichiarata inammissibile.
La Corte costituzionale
Così la strada del ricorso alla Corte costituzionale da parte delle Regioni non può essere abbandonata. Di conseguenza serve il “soccorso rosso” degli altri tre consiglio governati dal centrosinistra: Toscana, Emilia Romagna e Sardegna. Fino a oggi solo il presidente toscano, Eugenio Giani, ha già dato la sua disponibilità. Resta da vedere se lo faranno anche gli altri due, così da poter concretizzare quelle iniziative che sono state annunciate dalle opposizioni.