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Truffa a due imprenditori baresi per la cessione di un hotel a Firenze: assolto un 60enne torinese

L'imprenditore torinese Paolo Ferrero, 60 anni, è stato assolto «per non aver commesso il fatto» dall'accusa di aver truffato - insieme a un'altra persona da tempo irreperibile - due imprenditori baresi. È quanto ha stabilito la seconda sezione penale del tribunale di Bari, giudice Marilisa Moretti. I due imprenditori baresi, padre e figlia, erano i…

L’imprenditore torinese Paolo Ferrero, 60 anni, è stato assolto «per non aver commesso il fatto» dall’accusa di aver truffato – insieme a un’altra persona da tempo irreperibile – due imprenditori baresi.

È quanto ha stabilito la seconda sezione penale del tribunale di Bari, giudice Marilisa Moretti.

I due imprenditori baresi, padre e figlia, erano i titolari della società proprietaria del Borghese Palace Art Hotel di Firenze, struttura a quattro stelle di via Ghibellina. La sede legale della società è a Modugno.

Danneggiati dalla presunta truffa – che risale al 2017 – sono l’allora amministratore unico, la compositrice Alessandra Flora (che aveva deciso di vendere le quote per dedicarsi alla carriera artistica) e il padre Antonio.

Secondo la Procura (che a dicembre aveva chiesto la condanna a un anno di reclusione e al pagamento di una multa di 90 euro per Ferrero), l’imprenditore torinese e il suo presunto complice, Andrea Dini, avrebbero concordato con gli albergatori la cessione delle quote societarie per una cifra complessiva vicina ai 275mila euro, più un credito da 174mila euro che il padre vantava nei confronti della stessa società e che Dini avrebbe dovuto rilevare. Pagamenti garantiti da una fideiussione da 300mila euro. Il contratto di cessione prevedeva il pagamento di una caparra di poco più di 35mila euro al momento della stipula, il resto della somma sarebbe poi stata versata a rate.

Dopo la firma, Dini si è reso irreperibile (da contratto lui avrebbe rilevato il 95% delle quote) e Ferrero non avrebbe provveduto al pagamento della somma restante.

Per ottenere il pagamento, quindi, Flora e il padre Antonio avrebbero deciso di attivare la fideiussione, risultata poi falsa così come falso era il numero di telefono del funzionario della banca che l’avrebbe firmata.

Ferrero, assistito dall’avvocato Giovanni Ladisi e dal consulente Rocco Silletti, avrebbe invece versato quanto da lui dovuto (metà della caparra, pari al 5% delle quote della società) e, come ha detto il suo legale in udienza, «si è solo affidato alla persona sbagliata». La motivazione della sentenza sarà pubblicata entro 30 giorni.

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