Ha ricevuto il diploma di Cavaliere al merito della Repubblica italiana dal prefetto Silvana D’Agostino e dal sindaco di Trani Amedeo Bottaro perché da coordinatore Covid per la città di Barletta, ha svolto il servizio «con instancabile impegno e dedizione risolvendo la grave sofferenza organizzativa della struttura e predisponendo un sistema efficiente per la gestione dei pazienti» e per avere mostrato «un altissimo senso del dovere, massima determinazione e competenza». Ma in una motivazione ufficiale non ci stanno due anni di vita con tutto il peggio che la pandemia ha portato con sé, travolgendo il normale corso delle cose e della vita di ciascuno col suo carico di paura, solitudine e impotenza. Sabino Falco, medico tranese, tutto questo l’ha affrontato senza risparmiarsi in un periodo che non era più scandito da tempo per il lavoro e tempo per la vita, un periodo che a un certo punto era cominciato e non si sapeva quando sarebbe finito.
La squadra
La sua armatura era il camice e il suo esercito gli operatori sanitari, infermieri e medici che ogni giorno, con lui, cercavano di rubare forza alla pandemia. Il Pala Borgia era diventato l’hub vaccinale e, prima ancora, quando i vaccini neppure erano disponibili e al Covid si poteva solo sperare di sfuggire, aveva organizzato un drive through nel parcheggio del “Dimiccoli”. All’hub di Barletta, in media, si erogavano circa un migliaio di vaccini al giorno e non senza problemi. Neanche l’aggressione di un gruppo di facinorosi l’ha fermato. Ha continuato a lavorare per non spaventare chi era in coda ad attendere con pazienza il proprio turno. Fino a prima di allora Falco lavorava al Centro Trasfusionale dell’ospedale di Andria. Il 3 novembre gli viene conferito l’incarico di coordinatore Covid per Barletta per porre rimedio alla situazione di sofferenza organizzativa e creare un sistema per verificare il numero degli infetti, disporre quarantene, isolamenti e verifiche per le guarigioni. Erano migliaia le pratiche inevase e fra esse quelle di persone che non potevano rientrare al lavoro perché prive di provvedimento di fine isolamento. Ricorda che organizzava il lavoro giorno per giorno, cominciando dai più bisognosi, gli anziani, i ricoverati nelle RSA, i disabili e gli ultimi, senzatetto e migranti, seguiti dalla Caritas e da altre associazioni. In totale nell’hub sono state effettuate circa 250.000 vaccinazioni.
Il ricordo
E lui cosa ricorda? «Gli sguardi colmi di gioia mista a gratitudine negli occhi dei più anziani allettati, nelle loro case o nelle rsa. Ancora oggi, e per sempre, porterò con me il rammarico per non avere potuto abbracciarli. A loro e alla mia famiglia devo questo riconoscimento. A loro andrà per sempre la mia gratitudine, per avermi fatto riscoprire, in un momento così tragico, che per superare le difficoltà si deve restare umani».