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Dopo Manhattan e Santa Catalina, la nuova sfida di Di Pierro: «Attraversare a nuoto il Canale della Manica»

Esistono sfide impensabili, in competizione con altri o con sé stessi. Il senso ultimo è andare oltre le Colonne d’Ercole dei propri limiti, spingendosi in acque sconosciute per dominarle e governare emozioni e paure che sono facce della stessa scivolosa medaglia. Anzi un unico limite ci sarebbe, ancestrale e invalicabile: il rispetto della natura. Solo…

Esistono sfide impensabili, in competizione con altri o con sé stessi. Il senso ultimo è andare oltre le Colonne d’Ercole dei propri limiti, spingendosi in acque sconosciute per dominarle e governare emozioni e paure che sono facce della stessa scivolosa medaglia. Anzi un unico limite ci sarebbe, ancestrale e invalicabile: il rispetto della natura.

Solo così Daniel Di Pierro può pensare di affrontare, con umiltà e sacrificio, prove molto complesse e che per chi conduce un vita con canoni più comuni fanno restare letteralmente sbalorditi. Nei 30 anni di vita del biscegliese, che di consueto hanno di certo una laurea in Scienze motorie, trovano posto imprese memorabili.

Azioni che oltre a inorgoglire tutto il tacco d’Italia, potranno essere raccontate con fierezza da chi le ha compiute quando un giorno dovrà scendere a patti con l’età. Sino ad allora, Di Pierro potrà continuare a incrementare il proprio curriculum, che l’ha portato a conoscere le acque che cingono il mondo, dal Mediterraneo all’oceano Atlantico e Pacifico.

Di Pierro, nel suo immediato futuro cosa bolle in pentola?

«Sono già proiettato al 2025, per preparare la traversata della Manica dall’Inghilterra alla Francia. Questa prova fa parte del circuito delle Tripla Corona, portata a termine soltanto da quattro italiani Comprende due altre traversate che ho già fatto mie, quella dell’isola di Santa Catilina a Los Angeles e la circumnavigazione dell’isola di Manhattan a New York».

Quali ragioni l’hanno spinta a mettersi alla prova in contesti così particolari?

«In primis la passione per il mare e quindi per il nuoto. Iniziai, ovviamente, in piscina e dato che ero predisposto alle lunghe distanze cominciai a nuotare in acque libere. Mi piace sfidare me stesso, perché le traversate sono in solitaria. La mia resistenza psicologica è messa a dura prova ed è ciò che conta di più quando scendo in acqua. Ne sono conscio, tanto è vero che quando discussi la tesi per laurearmi in Scienze motorie, puntai l’attenzione sull’aspetto psicologico negli eventi di lunga durata».

Nella equipe con cui si prepara è attualmente presente la figura dello psicologo?

«No, perché non ho sponsor e come si può intuire tutte le spese sono a mio carico e sinora non è stato possibile integrare questa figura. Al momento posso contare sul mio allenatore Lorenc Feleqi e sul mio preparatore atletico Vincenzo Colaluce, della Sport Project, la società con cui sono tesserato. Inoltre mi segue un nutrizionista, il professor Francesco D’Amore. Vorrei ringraziare la Sport Project che mi supporta in tutti gli allenamenti, una società presente con le sue piscine a Bari e Bitonto».

Come sceglie il tratto di mare da attraversare?

«In genere c’è sempre un’organizzazione in loco a cui fare riferimento e basta prenotarle anche due anni prima. Quando individuo un obiettivo ne studio a fondo il percorso e se posso mi reco più volte sul posto. Naturalmente se si trattasse di luoghi lontani dall’Italia risulterebbe difficile recarsi più di una volta. Allora è possibile ovviare simulando ciò che mi attende e il mio campo di allenamento è lo specchio d’acqua antistante Bisceglie. Il mio pensiero corre alla traversata di Los Angeles, che fu in notturna: partii alle 10 per arrivare a mezzogiorno del giorno dopo e perciò a Bisceglie mi allenavo di notte».

Come cambia la nuotata nelle ore notturne?

«Chiaramente è diversa la percezione dell’ambiente circostante, perché in mare aperto non vedi nulla se non le luci della canoa che ti segue. Si vive in uno stato mistico, perché si è immersi nell’oceano senza sapere di esserlo. Il mio fisico, per fortuna, ha retto bene e non ho sofferto in alcun modo. Anzi posso dire che il tempo sia passato più velocemente. Ho staccato meglio la spina perché durante le traversate è importante pensare il meno possibile. Il primo nemico da combattere sono le riflessioni, come ad esempio pensare a quanto manchi alla fine».

Le sue sono imprese coraggiose, ma per farlo deve combattere delle paure?

«Non ho paure legate al mondo acquatico, però durante le traversate capita di avere timore di non farcela. Un evento accaduto una sola volta e proprio nell’Adriatico. Avevo l’obiettivo la distanza da Bisceglie a Bari Palese per giungere a lido San Francesco, ma e non vi riuscii per un grecale pazzesco: di fatto nuotai per tre ore senza mai avanzare. Da allora ho il timore che una corrente molto forte mi renda impossibile andare avanti. Il mare è imprevedibile e non importa che tu sia al massimo della forma e allenato alla perfezione, se il mare dice no è no. Bisogna avere l’umiltà di accettarlo».

C’è una traversata di cui va orgoglioso?

«Sì, la doppia traversata a nuoto delle Bocche di Bonifacio dalla Sardegna alla Corsica, andata e ritorno. Questo è il mio record del mondo, perché sono stato il primo a farlo, mentre solitamente si effettua soltanto andata».

C’è una traversata che le piacerebbe fare?

«Sì, ho un sogno nel cassetto e cioè di andare da Otranto a Valona. Il percorso è lungo 70 chilometri e devo mettere in conto 24 ore di nuoto. C’è già chi l’ha fatta e vorrei essere anche io tra coloro che potranno dire di averla fatta, fosse anche tra cinque o dieci anni. Sarebbe una bella cosa, anche perché il mio allenatore è albanese e sarebbe un sogno per entrambi».

Che tipo di supporto le ha dato la famiglia?

«Devo tutto a mia nonna, che da poco non c’è più, perché mi ha sempre supportato. Quando non lavoravo mi ha sovvenzionato e per me è stata fondamentale sotto ogni aspetto: mentale, affettivo ed economico. A lei devo tutto e non a caso è stata la mia tifosa numero uno».

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