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Nel cervello le basi della sindrome del “cuore infranto”: lo dimostra una ricerca del Policlinico di Foggia

Ha una base scientifica che risiede nel cervello la cosiddetta sindrome del cuore infranto che induce molti pazienti, prevalentemente donne, ad accedere al pronto soccorso con i sintomi di un infarto miocardico acuto ma che, in realtà, non presenta ostruzioni al flusso del sangue verso il cuore né cicatrici cardiache e le anomalie della funzione…

Ha una base scientifica che risiede nel cervello la cosiddetta sindrome del cuore infranto che induce molti pazienti, prevalentemente donne, ad accedere al pronto soccorso con i sintomi di un infarto miocardico acuto ma che, in realtà, non presenta ostruzioni al flusso del sangue verso il cuore né cicatrici cardiache e le anomalie della funzione cardiaca regrediscono spontaneamente dopo qualche settimana o mese.

Il legame tra la sindrome del cuore infranto e il cervello è stato dimostrato da una ricerca condotta da un gruppo del Policlinico di Foggia che ha evidenziato in alcune pazienti una base funzionale a livello encefalico che le predispone allo sviluppo della sindrome.

Lo studio realizzato dai team delle strutture di Cardiologia universitaria e di Medicina nucleare è stato pubblicato sul Journal of the American college of cardiology-cardiovascular imagining.

La ricerca ha valutato l’attività funzionale encefalica mediante tomo-scintigrafia cerebrale in quelle pazienti con sindrome del cuore infranto e sospetta demenza vascolare, riscontrando delle caratteristiche peculiari.

Tramite lo studio, spiega il dottor Francesco Santoro, dirigente medico della struttura di Cardiologia universitaria, «abbiamo individuato a livello encefalico una base funzionale che predispone allo sviluppo della sindrome. Infatti le pazienti affette hanno mostrato una aumentata attività metabolica di tutte quelle aree coinvolte nella sfera emotiva come l’amigdala, l’ippocampo ed il mesencefalo».

Dalla ricerca, sottolinea Natale Daniele Brunetti, direttore della struttura di Cardiologia universitaria, «sono emerse delle caratteristiche di queste pazienti che potrebbero necessitare di approcci terapeutici neurologici oltre che cardiologici in casi selezionati».

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