“Ù baccalà”, la filastrocca in dialetto barese viaggia di bocca in bocca, di voce in voce a ritmi velocissimi, fa ballare e ha oltrepassato in un baleno i confini nazionali; è un successo strepitoso, inaspettato, entusiasmante e “bando alle chiacchiere” i numeri del mondo dei social tra Instagram, TikToK, YouTube, Spotify e altre piattaforme parlano chiaro e decretano chi sbanca per davvero; la stella da oltre cinque milioni di visualizzazioni e duecentosessantatremila follower (i numeri aumentano sempre più), si chiama Serena Brancale, barese, classe 1989. Cantautrice e polistrumentista nel genere jazz, funk, neo soul e pop, la trentaquattrenne, a maggio 35enne, è soprattutto una tosta, come si dice in gergo, artista a tutto tondo, preparata, con carattere e una bellezza mediterranea.
Che effetto le fa da un giorno all’altro essere riconosciuta per strada, in ogni dove e da persone di qualsiasi età?
«L’amore che ricevo è quadruplicato; sono felice, naturalmente, ma sento che ora c’è più responsabilità verso chi mi ascolta e lavoro con ancora più determinazione. Sto preparando il quarto album e la voglia di sperimentare è tanta».
Quindi si mette sempre in gioco; è stato così per “Ù baccalà”?
«E’ un brano meraviglioso, gli devo tanto; è stata la formula vincente, il risultato tra lo studio e la voglia di sperimentare. Ho girato il video in macchina, è nato lì, insieme al mio amico e collaboratore Massimiliano Dropkick. Prima è arrivato il suono e poi le parole».
E perché proprio “Ù Baccalà”?
«Per la rima, senza altre motivazioni».
Un videoclip che, grazie anche alla tecnica del finger drumming, fa ballare a ritmo funk, quello brasiliano.
«E’ arrivato finanche in Brasile, sembra Portoghese ed è stupendo vedere anche i bambini ripetere il ritornello senza conoscere il significato delle parole».
Ci sono anche parolacce in dialetto stretto che colorano il tutto?
«Certo. Non è un brano che ferisce e quelle parolacce mi fanno divertire. D’altronde ci son sempre stati artisti che hanno usato espressioni forti e penso a Pier Paolo Pasolini o alla grande Anna Magnani. Osavano con le parole ma sempre con atteggiamenti simpatici e ironici. Con questo brano e altri, come il prossimo e in versione completa “La zia”, tento di continuare a portare nel mio piccolo la Puglia sempre più in alto. Storie inventate ma che prendono spunto da quello che ho vissuto, anche in famiglia».
Ha iniziato a scrivere canzoni a 19 anni e ha fatto la gavetta vera andando a far serate un po’ ovunque, dai matrimoni alle feste private. I live hanno fatto la differenza?
«Son stati decisivi e consiglio a tutti coloro che vogliono intraprendere questa professione di puntare non sui video Instagram, non sui reel ma sui live; è quella la vera formazione. Io ho sempre giocato sui social, sviluppando la parte ironica ma tutto ha funzionato solo dopo aver acquisito le giuste competenze».
Si è diplomata alla triennale del Conservatorio di Pescara e poi tanti altri studi, il curriculum è lungo; ma voleva fare la cantante da subito?
«In realtà volevo fare l’attrice e la mia voglia di rendere le canzoni anche uno spettacolo rivela bene l’indole iniziale».
Una famiglia di artisti, in gran parte; sua sorella Nicole è una pianista e sua madre era una cantante. La musica nel sangue. E ora che progetti ha?
«A giugno uscirà uno spot pubblicitario girato interamente in Puglia e sarà diffuso anche all’estero. Poi altri singoli, non mi fermo».
Una domanda provocatoria “U baccalà” è esploso scatenando un mondo di commenti, quasi tutti positivi. Cosa risponde ai “dissing” allusivi delle ultime ore da parte delle colleghe pugliesi Mama Marjas e Miss Fritty? Le contestano di aver abbandonato il jazz per passare ad un genere che non le appartiene.
«Spero per loro il meglio, sono impegnata nel tour estivo; non mi tocca, le ho già detto, non mi fermo».
Serena Brancale vive a Roma da quando aveva 26 anni; gira il mondo per concerti, come quello di Tokyo, di tre mesi fa e il sold out è ovunque. Il suo cuore è rimasto qui, in terra di Puglia, con il ricordo mai sbiadito della musica a lei cara, come quella dei Faraualla.
Quale altra le piace?
«Tutto il mondo latino-americano».
Dal palco del Festival di Sanremo nel 2015 con “Galleggiare” al palco del concerto di Annalisa qui a Bari, Serena si muove sulle onde di diversi generi musicali, insegue i dialetti e non solo e fa di stessa la vera novità.