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Il Bari si gioca la salvezza in un mese: sei partite che decideranno le sorti di una stagione tribolatissima

Tutto in un mese. Sei gare, da disputare entro il 10 maggio, per non dilapidare il patrimonio costruito in sei anni. Nel mirino c’è una sola parola, da sempre osteggiata. Evitata come la fosse la “peste”. Quasi una “bestemmia”, se pronunciata in serie B nell’ambiziosa e orgogliosa città di San Nicola. Una parola purtroppo divenuta…
Foto di Tess Lapedota per Radio Selene

Tutto in un mese. Sei gare, da disputare entro il 10 maggio, per non dilapidare il patrimonio costruito in sei anni. Nel mirino c’è una sola parola, da sempre osteggiata. Evitata come la fosse la “peste”. Quasi una “bestemmia”, se pronunciata in serie B nell’ambiziosa e orgogliosa città di San Nicola. Una parola purtroppo divenuta oggi improvvisamente indispensabile, come un amico prima emarginato e poi diventato utile, al quale aggrapparsi per non perdere tutto. Salvezza: è la triste, ma dura realtà con la quale deve confrontarsi il Bari in un tribolatissimo finale di stagione. Dopo circa otto mesi di illusioni e aspettative sempre disattese ora è il tempo della speranza, da coltivare una volta per tutte senza futili chiacchiere, ma con i fatti e soprattutto con tanto cuore.

La strategia

I 2 punti raccolti nelle ultime 7 partite non possono non indurre ad una riflessione a 360 gradi, a cominciare dalle scelte tecniche e tattiche di mister Iachini. Il tecnico marchigiano, il cui è avvento nelle intenzioni voleva di certo rappresentare un input per poter finalmente guardare in alto, proprio in virtù di un curriculum vitae da vincente, oggi deve necessariamente allineare i suoi principi ad un contesto più simile ad una trincea che ad un terreno ancora da coltivare. Non c’è più tempo per sperimentazioni, aspettando un seme che potrebbe non germogliare mai. Perché «torni a splendere il sole», citando proprio un aforisma del 59enne di Ascoli, ora bisogna farsi carico di scelte forti, anche impopolari, ma soprattutto avere la capacità di calibrare metodi di lavoro, atteggiamento e idee ad una squadra che ha dimostrato limiti evidenti, soprattutto mentali, per tutto il campionato. Il nervosismo in campo, la continua elettricità ad alta tensione che corre nello spogliatoio, devono lasciare spazio ad un clima più sereno, che favorisca la compattezza di cui ha bisogno un gruppo, purtroppo mai diventato squadra. Stop a individualismi, gesti plateali di stizza, egotismi smisurati, forse anche alimentati da dannose gerarchie e, probabilmente, coperti da “mantelli dorati”. Tutto e tutti devono essere in discussione, sull’altare del bene del Bari. Un passo indietro, per farne sette, otto in avanti, come i punti che servono per tirare un sospiro di sollievo.

«L’equilibrio sopra la follia»

Il celeberrimo verso di Sally, brano del quale è autore e cantante Vasco Rossi, può essere di ispirazione. La priorità deve essere non subire gol: è impossible pensare di potersi salvare con un rendimento di 11 reti al passivo nelle ultime 7 partite, a fronte di una fase offensiva che ha prodotto solo 4 gol. Che sia difesa con tre o quattro uomini, va ricercato un assetto capace di restituire equilibrio alle due fasi e che permetta innanzitutto di fermare l’emorragia costante nella porta di Brenno. Non è un mistero che il fattore più determinante in tal senso sia la condizione atletica: senza la corsa e il sacrificio sarebbe inutile continuare a discutere di obiettivi e strategie per raggiungerli. Tocca dunque a Iachini puntare su uomini che siano in grado prima di tutto di garantire una forma fisica sufficiente a reggere determinati ritmi. Senza imprimere maggiore intensità nell’azione di pressione e nella successiva reattività in fase di conquista della palla è difficile che si possa superare il cronico impasse della sterilità offensiva. Principi sempre messi sul tavolo, ma che ad oggi devono necessariamente tradursi sul campo.

L’ambiente

La stagione, come prevedibile dopo scelte più che discutibili sul piano societario e tecnico, si è trasformata in un “Vietnam”. Sicuramente per la famiglia De Laurentiis, costantemente presa di mira dalla tifoseria e, ormai da qualche mese, anche per la squadra. Al netto di motivazioni comprensibili e legittime, che non si vuol sindacare in questa sede, il raggiungimento del traguardo non può non passare anche da un clima più disteso. Perché contestazione e fischi, anche ingenerosi verso alcuni singoli, rischiano solo di aggravare lo stato di salute di un “paziente” già molto “malato”.

Ieri intanto le preoccupazioni della piazza sono state manifestate da un anziano tifoso a Valerio Di Cesare, durante la sessione pomeridiana di allenamento. «La retrocessione in C per noi sarebbe peggio del fallimento (del 2018, ndr)», il grido di dolore lanciato con visibile emozione al Capitano del Bari. «E per noi cosa sarebbe?», la replica del centrale difensivo dei biancorossi, che si è avvicinato alla recinzione dell’antistadio per un confronto con alcuni presenti, mostrando come sempre estrema empatia e comprensione.

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