L’emergenza sanitaria appare ormai superata, ma sopravvivono le practice adottate durante il lockdown dalle aziende, le quali si sono dovute adattare e allo stesso tempo hanno dovuto implementare le modalità di lavoro agile.
Lo Smart Working è definito come una modalità di prestazione del lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli di orario e di luogo di lavoro e rappresenta una delle principali innovazioni nel campo del lavoro in Italia.
La disciplina giuridica del lavoro agile è stata introdotta per la prima volta dalla Legge n. 81 del 22 maggio 2017 e, successivamente, ampliata e integrata da disposizioni normative e accordi collettivi che hanno fornito le regole e linee guida per la sua adozione e applicazione.
Tuttavia, il modello applicato dalle aziende all’indomani dell’emergenza sanitaria non può considerarsi un vero e proprio Smart Working quanto piuttosto una forma di lavoro agile domiciliare svolto in emergenza, ancor più flessibile del cosiddetto telelavoro conosciuto dall’ordinamento italiano.
Abbiamo infatti assistito ad una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa a distanza, imposta dalle condizioni esterne, non liberamente scelta dal singolo lavoratore e non negoziata con l’azienda sulla base delle esigenze contrattuali di entrambe le parti.
Questa scelta appare ben lontana da quella che è la ratio legis dell’istituto che ha quale obiettivo quello di valorizzare la volontà delle parti.
Numerosi interventi governativi hanno prorogato il termine di efficacia della modalità semplificata del lavoro agile, scelta che si è rivelata indispensabile laddove ha permesso alle aziende – durante e dopo la pandemia – di intervenire tempestivamente per garantire ai lavoratori di svolgere la propria attività e di non intaccare il livello di produttività.
Con la fine dello stato di emergenza, l’efficacia del regime semplificato è stata ulteriormente differita, ma limitatamente a determinate categorie di lavoratori quali i soggetti fragili e i lavoratori con figli di età inferiore a 14 anni.
Lo stop definitivo alle proroghe a partire del 1° aprile 2024 consentirà la reviviscenza del modello tradizionale del lavoro agile al fine di verificarne l’effettiva applicazione e il suo potenziale in termini di efficienza della produzione e di miglioramento della conciliazione dei tempi di vita e lavoro che possono rendere lo strumento in parola maggiormente valido ed efficace.
Vanessa Amati è avvocata presso lo studio legale associato Longo-Barelli