Lo schema di decreto legislativo recante la revisione del sistema sanzionatorio tributario, sottoposto al parere della Camera (atto 144), contiene delle disposizioni che intervengono sul rapporto tra processo penale e processo tributario.
Oggi i due processi corrono paralleli, con la paradossale conseguenza per lo stesso contribuente di vedersi assolto nel processo penale e soccombente in quello tributario e viceversa. Le cose sono destinate a cambiare poiché è stato rielaborato il principio della pregiudiziale penale. Lo schema ha introdotto nel testo del d.lgs. n. 74/2000 l’art. 21 bis, in virtù del quale la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata a seguito di dibattimento vertente sugli stessi fatti materiali oggetto del processo tributario, ha efficacia di giudicato in quest’ultimo processo, in ogni stato e grado relativamente ai medesimi fatti. Attualmente nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi nel processo tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali in seguito a dibattimento, ancorché i fatti esaminati siano gli stessi all’interno dei due processi. Tale effetto automatico non può infatti verificarsi, dato che, tra gli altri, nel processo tributario vigevano i limiti in tema di prova testimoniale posti dall’originario art. 7, co. 4, del Dlgs. n. 546/92, ora modificato, e trovano ingresso anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. A seguito della riforma, invece, pur permanendo la preclusione della sospensione del processo tributario per la pendenza del processo penale avente per oggetto i medesimi fatti dal cui accertamento dipende la relativa definizione, se durante lo svolgimento del processo tributario nei vari gradi interviene l’assoluzione dell’imputato/contribuente, la sentenza penale ha autorità di giudicato e deve essere applicata dal giudice tributario.
La regula iuris varrà anche se il processo tributario risultasse pendente innanzi alla Suprema Corte di cassazione. In tal caso, il contribuente potrà depositare in quel grado e in quella sede la sentenza irrevocabile di assoluzione. Il Collegio, se il pubblico ministero non opporrà osservazioni nel termine di 60 giorni dalla comunicazione, si dovrà conformare al giudicato tributario sempre che non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto (in questo caso bisognerà capire se, precluso alla Corte l’accertamento in fatto, il Collegio dovrà cassare la sentenza con rinvio al giudice di merito oppure se, esclusa la medesimezza dei fatti ed esclusa la necessità degli ulteriori accertamenti fattuali, dovrà decidere secondo diritto in via definitiva).
Sul punto non è fuori luogo ricordare, comunque, che la produzione nel processo tributario della sentenza penale irrevocabile di assoluzione è stata ritenuta ammissibile dalla sezione tributaria della Suprema Corte di Cassazione in conformità alle esigenze di effettività del diritto unionale, ove la parte intenda far valere l’improcedibilità, l’improponibilità o l’estinzione in tutto o in parte del giudizio stesso per la violazione di principi di ordine pubblico unionale, come quello del ne bis in idem.
Se la sentenza penale passata in giudicato farà stato nel processo tributario, viceversa il nuovo testo dell’art. 20 integrato dallo schema di decreto stabilisce che la sentenza (irrevocabile) resa nel processo tributario o l’accertamento divenuto definitivo in via amministrativa aventi per oggetto le violazioni derivanti dai medesimi fatti per i quali è stata esercitata l’azione penale potranno essere valutati dal giudice del processo penale in quanto ad esso acquisiti ai fini della prova del fatto. Vale a dire che le sentenze tributarie assumeranno efficacia probatoria nel processo penale, anche senza la forza del giudicato.