Dice di chiamarsi Linda, di avere 32 anni e di ricevere in una villetta di Santo Spirito. L’accento tradisce la sua provenienza sudamericana. «Ma ho origini italiane», precisa a chi al telefono le propone un incontro. Linda è solo una delle centinaia di donne, spesso giovanissime, che lavorano come escort a Bari e dintorni. Non in alberghi più o meno accorsati, per i quali la legge fissa obblighi di registrazione e comunicazione alle forze dell’ordine che non garantirebbero la necessaria riservatezza, ma nelle case di privati. Anzi, nelle seconde o nelle terze case, quelle disabitate, quelle che molti non esitano a trasformare in alcove per 24 ore al giorno pur di ricavarne cifre blu. Tutto rigorosamente in nero, senza che Comune, forze dell’ordine e Agenzia delle entrate sappiano nulla.
Il fenomeno tocca ogni angolo di Bari. Soprattutto i quartieri che si affacciano sul mare e che, durante l’estate, sono presi d’assalto da migliaia di villeggianti italiani e di turisti stranieri desiderosi di trasgredire: potenziali clienti, fonti di guadagni da capogiro tanto per le escort quanto per i proprietari delle alcove. Basta dare un’occhiata ai siti di incontri per comprendere la portata del fenomeno. Ci sono decine e decine di annunci pubblicati da escort che ricevono a Palese, Torre a mare, San Giorgio, via Brigata Regina e in centro, inclusa quella via Sparano tradizionalmente considerata il “salotto” della città.
Per fare sesso, Linda chiede 60 euro. Stessa tariffa per la giovane brasiliana che con lei condivide la “sede di lavoro” in una piccola traversa di via Napoli, a Santo Spirito. Ma le tariffe diventano via via più alte a mano a mano che ci si sposta verso il centro o località come Polignano e Monopoli. Milana, ucraina di 24 anni, chiede almeno 200 euro a chi desidera trascorrere un’ora in sua compagnia: «So che è tanto, ma devo pagare l’affitto dell’appartamento».
Ecco, dunque, i beneficiari del business degli “affitti a luci rosse”. I bed and breakfast abusivi, cioè le case messe a disposizione dei turisti in barba a ogni norma urbanistica, fiscale e sanitaria? Sono superati. Il business delle escort è molto più redditizio. Basta evitare accuratamente la stipula di un contratto che, oltre ad “aprire gli occhi” alle autorità, imporrebbe il pagamento di tasse finendo così per ridurre i margini di guadagno. Altra regola: preferire locazioni brevi, in modo da non insospettire i vicini di casa o le forze dell’ordine ma, nello stesso tempo, garantire il continuo avvicendarsi delle escort. E poi far circolare la voce, meglio se con discrezione, tra imprenditori e professionisti che di solito sono i clienti con la maggiore capacità di spesa. Et voilà, il gioco è fatto. Così si accumulano migliaia e migliaia di euro al mese, senza versare un solo euro nelle casse dello Stato. E il rischio di vedersi contestato il favoreggiamento della prostituzione è bassissimo, visto che le forze dell’ordine dovrebbero cogliere i proprietari proprio mentre ricevono il denaro dalle escort alle quali affittano le case e dimostrare che quello stesso denaro scaturisce dalla prostituzione. «Così lavoriamo tanto – conclude Milana – e siamo tutti soddisfatti: noi, i clienti e i padroni di casa».