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Bif&st, a Giorgio Diritti il premio per la sceneggiatura: «Racconto l’importanza della diversità»

La lunga durata - quasi tre ore - non ha scoraggiato il pubblico del Bif&st che è accorso in buon numero, stamattina, ad assistere alla proiezione di “Lubo” di Giorgio Diritti, per poi ascoltare l’autore rispondere alle domande di Maurizio De Rienzo. La storia di un artista di strada nomade reclutato di peso nell'esercito svizzero,…

La lunga durata – quasi tre ore – non ha scoraggiato il pubblico del Bif&st che è accorso in buon numero, stamattina, ad assistere alla proiezione di “Lubo” di Giorgio Diritti, per poi ascoltare l’autore rispondere alle domande di Maurizio De Rienzo. La storia di un artista di strada nomade reclutato di peso nell’esercito svizzero, così che la polizia possa prendere i suoi figli e affidarli a un programma per sradicare la cultura jenisch. Un altro olocausto di fine anni Trenta, ma ancora attuale. A Giorgio Diritti è andato in serata anche il Premio Furio Scarpelli per la migliore sceneggiatura.

«Con questo film – ha raccontato il regista di “Il vento fa il suo giro” e “Volevo nascondermi” – ho ribadito quanto sia importante per me raccontare la diversità, nella prospettiva di convivere anche nelle differenze, perché la diversità aiuta ad arricchire la società. E, insieme, ho espresso la mia attenzione alle giovani generazioni, al dovere di lottare per difendere il futuro dei figli e dei nipoti, a non arrendersi. Nella vicenda di Lubo c’è anche qualcosa di autobiografico, perché è vero che io sono di Bologna ma i miei genitori erano istriani e hanno subito, come altri miei parenti, la fuga forzata dal loro paese per motivi etnici. Ricordo, quindi, che la comunità degli jenisch, cui fa parte il protagonista, ha subito una persecuzione simile a quella degli ebrei, dei Rom e dei sinti negli anni del nazismo, persino in un paese ritenuto civile e neutrale come la Svizzera».

Quali le differenze del film dal romanzo “Il seminatore” di Mario Cavatore da cui è tratto? «Dopo avere letto il romanzo, insieme al mio co-sceneggiatore Fredo Valla abbiamo cercato di capire cosa volevamo mettere in luce del racconto. Nel romanzo si raccontano tre generazioni che corrispondono a diversi personaggi ma noi abbiamo deciso di concentrarci sulla storia di Lubo, protagonista della prima parte del romanzo, per poi fare prendere al film tutt’altra direzione. Abbiamo messo al centro un uomo che subisce una ingiustizia e che, pur nel suo impulso di vendetta, insieme alla ricerca dei suoi figli cerca anche il senso della sua vita, un aspetto che non era molto presente nel romanzo. Sono passati quasi 10 anni dalla lettura del romanzo al momento delle riprese e questo si è rivelato un vantaggio in un lavoro così complesso, dava la possibilità di lasciare sedimentare alcune cose per poi riprenderle e migliorarle». Sui progetti futuri Diritti è invece al lavoro su diverse idee. «Sto galleggiando tra almeno tre idee diverse, anche pensando al periodo difficile che stiamo vivendo. Non è che io dico: ‘adesso faccio un film’, ma che voglio fare un film che, in quale modo, serva al mondo e alla società. E sto ancora cercando di capire qual è la strada giusta».

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