Il dibattito politico sull’autonomia differenziata in questi giorni è ripreso con forza. Bene. Il pericolo è grave. Tra pochi giorni/settimane il ddl Calderoli sarà approvato anche dalla Camera e diventerà legge.
Pd, Cinque Stelle, Verdi, Si, Azione, sembrano non rendersi conto che limitarsi a votare contro il ddl Calderoli alla Camera, senza mobilitazione di opinione pubblica, regioni, autonomie locali, è quantomeno da principianti, ed evidenzia debolezza, se non vere e proprie difficoltà al proprio interno.
Il Pd dovrebbe immediatamente organizzare una azione politica organica e spettacolare, basata sulla mobilitazione dell’opinione pubblica, delle amministrazioni regionali di Emilia-Romagna e Toscana, che ancora non si sono pronunciate con atti politici concreti a differenza di Campania e Puglia, e dei Comuni metropolitani e non, che ancora non hanno previsto efficaci iniziative di contrasto politico istituzionale, e delle opposizioni nelle regioni governate dal centro-destra sia al Nord sia al Centro. È indispensabile, sia per motivi di coerenza con quanto votato in Senato, quindi di dignità politica, sia per tutelare la governabilità dei Comuni, e i diritti e le remunerazioni del lavoro contro la reintroduzione delle gabbie salariali.
È in grado il PD di “convincere” i suoi amministratori del Nord? Massimo Villone ed Alberto Lucarelli, solo per dire di alcuni, hanno già chiesto con forza e cognizione di causa, che, in attesa di possibili ricorsi alla Corte Costituzionale da parte delle Regioni, o di richieste di referendum abrogativo, già da ora, immediatamente, le Regioni ed i Comuni si attivino con una consultazione popolare sull’ autonomia differenziata, lanciata dalle rispettive assemblee consiliari, che superi i social o le esternazioni volte a carpire qualche riga sulla stampa, che vada al di là di pur importanti e significative manifestazioni di addetti ai lavori. È chiara l’opportunità di una resistenza popolare, scrive ancora Massimo Villone, che renda l’aria (anche elettorale) irrespirabile per chi vuole l’autonomia differenziata.
Ecco, io credo possa essere la miglior risposta a chi, in maniera vigliacca, volgare, bugiarda, truffaldina e arrogante, ha parlato di professoroni della sinistra che praticano il partenopeo ‘chiagne e fotte’. È di pochi giorni fa l’iniziativa di un gruppo di docenti universitari, subito allargato a tutti i cittadini, di una petizione online (https://www.change.org/p/contro-l-autonomia-differenziata-una-mobilitazione-sociale-e-istituzionale).
La partecipazione democratica, nella forma della consultazione di cui dicevo prima, su quesiti lanciati dalle istituzioni e sottoposti ai cittadini, può essere vincente. Allora, in Emilia-Romagna, ad esempio, è indispensabile che la maggioranza di centro-sinistra si esprima per il ritiro in tempi utili (prima che il ddl Calderoli sia approvato dalla Camera) della richiesta di autonomia avanzata nel 2018 dalla Regione (che la mette sullo stesso piano di Veneto e Lombardia, di essere parte, cioè, del progetto leghista della “secessione dei ricchi”). Ritiro che è stato già chiesto da oltre 6mila elettori emiliano-romagnoli con una specifica legge di iniziativa popolare regionale.
Il messaggio sarebbe chiaro: il centro destra non si azzardi a spaccare l’Italia ed a concedere autonomia a Lombardia e Veneto. L’Emilia-Romagna si tira indietro e si opporrà con Campania e Puglia (e Toscana?) anche sul piano del diritto costituzionale. Si mobilitino su questo, dunque, in Emilia-Romagna a partire dal Consiglio regionale, in Toscana, ed in tutto il Paese, oltre alle forze politiche, anche i Sindacati tutti, l’Anpi e tutto l’associazionismo democratico. Per tutelare la democrazia e l’unità del Paese.
Giuliano Laccetti è Ordinario all’Università Federico II di Napoli
Bentornato,
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