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La riforma fiscale doganale, un modello più uniforme a difesa del mercato europeo

Con la riforma fiscale affidata alla Legge 111/2023 il legislatore ha delegato il Governo ad intervenire con modifiche anche nell’ambito del comparto normativo doganale, operando un riordino ed una revisione altresì della disciplina sanzionatoria contenuta nel Testo Unico delle leggi doganali di cui al DPR 43 del 1973 (c.d. Tuld), prevedendo l’introduzione di soglie di…

Con la riforma fiscale affidata alla Legge 111/2023 il legislatore ha delegato il Governo ad intervenire con modifiche anche nell’ambito del comparto normativo doganale, operando un riordino ed una revisione altresì della disciplina sanzionatoria contenuta nel Testo Unico delle leggi doganali di cui al DPR 43 del 1973 (c.d. Tuld), prevedendo l’introduzione di soglie di punibilità e di sanzioni determinate in misura proporzionale all’ammontare del tributo evaso ed in relazione alla gravità della condotta dell’operatore economico.

Tale aspetto della riforma deve essere improntato ed adeguato ai princìpi di effettività, proporzionalità e dissuasività, stabiliti in ambito unionale dal Regolamento Ue 952/2013, istitutivo del Codice Doganale Unionale (c.d. Cdu), ed applicati in numerosi precedenti contenuti nelle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea. La disciplina nazionale doganale di riferimento, contenuta in particolare nel dpr 43/1973 e nel D.Lgs. 374/1990 in tema di riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo, è rappresentativa di un’applicazione delle regole del commercio internazionale che sono state stravolte nell’arco di 50 anni e che non rappresentano più in maniera adeguata la realtà attuale, come è dimostrato anche dal richiamo contenuto nel Tuld a proprie norme applicative, di epoca preunitaria, contenute nel Regio decreto n. 65 del 13.2.1896, ancora parzialmente in vigore laddove non in contrasto con la normativa Ue del Cdu. Tale quadro giuridico, ormai vetusto e disorganico nel suo complesso, richiede in maniera urgente una riforma organica, soprattutto in tema di sanzioni doganali, in relazione alle quali l’Italia rappresenta un unicum nel panorama normativo unionale con un impianto sanzionatorio amministrativo che può consentire all’autorità doganale irrogazioni di sanzioni fino al 600% dell’imposta, rappresentando un’aberrazione sociale prima ancora che una sproporzione evidente con i principi contenuti nel Cdu e declinati dalla Corte UE in numerosi precedenti, oltre che dalla nostra Corte di cassazione, alla ricerca di un equilibrio tra l’illecito doganale e la sanzione applicata.

Tale urgenza del legislatore italiano, del resto, è ancor più evidente in vista della riforma imminente del sistema normativo doganale UE, contenuta in numerosi documenti della Commissione UE pubblicati in data 17 maggio 2023, con i quali si è inteso concepire, a partire dal 2028, il più ambizioso e completo progetto di riforma doganale dalla creazione dell’Unione doganale e della tariffa esterna comune risalente al luglio del 1968.

Il lavoro della Commissione Ue, ad ulteriore dimostrazione della complessità del tema, trae origine dalla relazione della Corte dei conti Ue del 30.3.2021 che ha chiesto “un’applicazione più uniforme dei controlli doganali e una capacità di analisi e coordinamento a pieno titolo a livello dell’Ue” nonché, in particolare, dal complesso lavoro svolto dal Wise Persons Group (Wpg), cosiddetto “Gruppo dei Saggi”, istituito dalla Commissione UE il 17.9.2021.

Nel nuovo Cdu che verrà, l’intero Titolo XIV “disposizioni comuni sulle infrazioni doganali e sulle sanzioni non penali” sarà dedicato alla materia, a dimostrazione della sensibilità del tema sanzionatorio a fronte della riconosciuta mancanza di uniformità normativa e di prassi a livello UE, ed al fine di “proteggere l’Unione dal commercio sleale, non conforme e illegale, anche attraverso un attento monitoraggio degli operatori economici, dei settori e delle catene di approvvigionamento nonché un nucleo minimo di infrazioni doganali e sanzioni”.

Tale esigenza è evidente nel considerando n. 61 del nascituro Codice, dove si prende atto che “È opportuno istituire un quadro comune che stabilisca un nucleo minimo di infrazioni doganali e di sanzioni non penali. Tale quadro è necessario per porre rimedio all’assenza di applicazione uniforme e alle divergenze significative esistenti fra gli Stati membri nell’applicazione delle sanzioni per le violazioni della normativa doganale, che possono tradursi in una distorsione della concorrenza, in lacune e nel “turismo doganale” (“customs shopping”). Il quadro dovrebbe comprendere un elenco comune di atti od omissioni che dovrebbero costituire infrazioni doganali in tutti gli Stati membri”.

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