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Bari, i conti non tornano: gioco sporco ai danni della Ladisa Ristorazione

Può un filo di alluminio finire nei pasti preparati da un’azienda che per i controlli si serve del metal detector? Può un frammento di plastica spuntare dal brodo cucinato da un’impresa che, oltre il metal detector, utilizza addirittura gli scanner a raggi X? Certo che no. Eppure è quello che si sarebbe verificato nella mensa…

Può un filo di alluminio finire nei pasti preparati da un’azienda che per i controlli si serve del metal detector? Può un frammento di plastica spuntare dal brodo cucinato da un’impresa che, oltre il metal detector, utilizza addirittura gli scanner a raggi X? Certo che no. Eppure è quello che si sarebbe verificato nella mensa della scuola elementare “Don Orione”, nel quartiere barese di Japigia, dove a gestire il servizio di refezione è la società Ladisa Ristorazione: una vicenda puntualmente “strombazzata” dalla stampa locale, ma della quale molti aspetti restano da chiarire.

Il caso è stato sollevato dai genitori che fanno parte dei gruppi di assaggio dei pasti serviti agli alunni della “Don Orione”. Durante il pranzo di ieri, un bambino iscritto alla quarta elementare avrebbe trovato «un filino forse di alluminio, simile a quello delle spugnette abrasive» nella panatura della cotoletta di pollo. Mercoledì, invece, da un piatto di brodo servito a un bambino della scuola dell’infanzia sarebbe spuntato un frammento di plastica. La circostanza è stata segnalata dal gruppo di assaggio alla preside del “Don Orione”, Patrizia Rossini, che a sua volta ha interessato il Comune e l’Asl di Bari.

Tutto legittimo, per carità. Eppure, in questa vicenda, diversi conti non tornano. La prima anomalia? Il gruppo di assaggio riferisce di aver rivenuto «un filino simile a quello delle spugnette abrasive». Peccato che la Ladisa Ristorazione, per lavare le attrezzature, utilizzi non le spugnette abrasive, ma lavastoviglie professionali automatiche. In altre parole, è difficile, se non impossibile, che «un filino» di spugnetta abrasiva sia finito nella cotoletta di un bambino.

Seconda anomalia. Le sei linee di produzione di cui Ladisa Ristorazione dispone nel centro cottura nella zona industriale di Bari sono tutte dotate di sistemi di controllo all’uscita. Ogni pasto, dunque, viene letteralmente passato al setaccio da strumenti altamente tecnologici.

La terza anomalia riguarda proprio il piatto. Quando sono stati rinvenuti il pezzo di alluminio e quello di plastica, i piatti erano aperti. Qualche “manina anonima” ha sistemato i corpi estranei nei piatti? Nessuno può dirlo. Allo stesso modo, però, nessuno può dire che i corpi estranei provengano dal centro cottura della Ladisa Ristorazione.

Evidentemente, non si è ancora esaurita l’eco del caso del “merluzzo nero”, cioè del pesce dal sapore particolarmente forte e poco apprezzato dai bambini, che nelle scorse settimane ha scatenato la protesta di genitori e fatto stracciare le vesti ai soliti speculatori di professione. Il risultato? I carabinieri del Nas non hanno riscontrato alcuna irregolarità per quanto riguarda le modalità di conservazione degli alimenti e di preparazione dei pasti da parte di Ladisa Ristorazione, con la conseguenza che l’Asl di Bari si è vista costretta a modificare il menù sostituendo il merluzzo con piatti più aderenti ai gusti dei bambini.

Alla luce di questi episodi, Ladisa Ristorazione ha deciso di trasmettere alla Procura della Repubblica tutte le denunce presentate senza contraddittorio con i referenti dell’azienda e di lanciare un messaggio ai genitori degli studenti: «La regìa che si cela dietro certi episodi è ormai chiara al pari della strategia messa in atto da chi, non riuscendo a prevalere nel rispetto delle regole, decide di imboccare la strada delle aderenze politiche e della denigrazione sistematica di competitor più strutturati ed efficienti».

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