Il fenomeno hikikomori, noto per il suo impatto sulla società giapponese, si è radicato anche nel tessuto sociale italiano, diventando oggetto di studio e preoccupazione. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia, si stima che circa 66.000 giovani tra gli 11 e i 17 anni vivano in uno stato di isolamento sociale prolungato. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che tale fenomeno non è confinato esclusivamente ai più giovani, ma si estende a individui di tutte le età, riflettendo un disagio profondo che permea diverse generazioni.
L’hikikomori non è una condizione che può essere attribuita a singole cause, ma piuttosto emerge da un intreccio di fattori psicologici, sociali e culturali. Le ragioni possono variare da dinamiche familiari disfunzionali, traumi personali, fallimenti o frustrazioni nella vita lavorativa, fino a una generale sensazione di alienazione dalla società. Questa complessità rende l’intervento e il supporto una sfida notevole.
La Generazione Z e la generazione alpha sono cresciute nell’era digitale, affrontano sfide uniche che possono contribuire all’isolamento sociale. La pressione di un futuro incerto, le aspettative sociali elevate e la costante comparazione attraverso i social media possono creare un terreno fertile per l’ansia e la ritirata dal mondo esterno. Il podcast “Generazione anZia”, di Sky tg24, si fa portavoce di queste generazioni e della loro relazione con l’ansia. Attraverso le testimonianze di giovani esplorano i diversi volti dell’ansia giovanile. Le loro storie, intervallate da interventi medici, offrono uno spaccato reale e toccante delle sfide interne che queste giovani menti affrontano quotidianamente.
Un problema transgenerazionale
Le cause che spingono all’isolamento possono essere diversificate ma condividono una radice comune: il senso di alienazione e inadeguatezza in una società che sembra sempre più competitiva e meno inclusiva. Problemi relazionali, disagi psicologici, insuccessi lavorativi o semplicemente la sensazione di non riuscire a stare al passo con i cambiamenti possono portare alla decisione di ritirarsi dal mondo.
L’hikikomori tocca anche gli adulti e gli anziani, spesso trascurati nelle narrazioni mediatiche. La perdita del lavoro, il pensionamento, la solitudine o il sentirsi sopraffatti dai cambiamenti tecnologici possono spingere gli individui più anziani verso l’isolamento. La loro invisibilità nei confronti della società aumenta il rischio di una condizione hikikomori prolungata e senza supporto. Servono servizi analoghi a quelli come il Centro Giovani Ponti di Milano offre per i più giovani, per le persone di ogni età adattando gli interventi alle esigenze specifiche di ciascun gruppo.
Un cambiamento culturale necessario
Per contrastare l’hikikomori, è necessario un cambiamento culturale che valorizzi il benessere mentale e la salute psicologica. La società deve riconoscere l’importanza di creare spazi sicuri dove le persone possano esprimere i loro problemi senza timore di stigma o giudizio. Campagne di sensibilizzazione e educazione possono aiutare a rompere il silenzio che circonda l’hikikomori e a promuovere una maggiore empatia e comprensione. Bisogna promuovere una visione più inclusiva e meno prestativa del successo personale. È necessario sensibilizzare l’opinione pubblica, favorire l’educazione emotiva e fornire supporto psicologico accessibile a tutti.
La responsabilità collettiva
L’isolamento sociale è un campanello d’allarme che richiede un’azione collettiva. La famiglia, la scuola, il posto di lavoro e le istituzioni pubbliche devono collaborare per identificare i segnali di allarme e intervenire tempestivamente. È necessario costruire una rete di sicurezza sociale che possa prevenire e supportare coloro che sono a rischio di isolamento.
Riflettere sull’hikikomori in Italia significa affrontare questioni più ampie riguardanti la solidarietà sociale, il senso di comunità e l’importanza del supporto reciproco. Come possiamo, come società, ridurre la stigmatizzazione dell’isolamento e promuovere una maggiore inclusione? In che modo le politiche pubbliche possono meglio sostenere chi si trova in difficoltà, indipendentemente dall’età?
La risposta a questi interrogativi richiede un’analisi profonda e una strategia collaborativa.
La sfida dell’hikikomori è quindi un invito a ripensare i nostri valori collettivi e le nostre priorità, a promuovere una cultura della cura e a ricordare che il benessere di una società si misura anche dalla capacità di proteggere i suoi membri più vulnerabili. È un compito che richiede un impegno condiviso e una visione lungimirante, per garantire che nessuno debba affrontare da solo il peso dell’isolamento.
Forse dovremmo anche imparare a fornire aiuto in presenza, non nascondendoci dietro sterili messaggi sul telefonino o pensando che le risposte giuste vengano sempre dai social network. Riflettiamoci e rimettiamoci in discussione!
Bentornato,
Registratiaccedi al tuo account
Tutte le news di Puglia e Basilicata a portata di click!